Palazzi & Potere

Politica screditata, ma il codice etico dei parlamentari è fermo a Montecitorio

Dall’inizio della legislatura sono state presentate due proposte di modifica al regolamento. Per inserire regole di condotta per gli eletti. Ispirate ai principi di imparzialità e trasparenza. Finora senza risultati. Mentre in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti sono già una realtà. Come spiega un dossier del Servizio Studi della Camera

Che nel Paese detentore del record europeo della corruzione un codice etico possa riuscire dove, a volte, quello penale ha fallito è un teorema difficile, se non impossibile, da dimostrare. Non incoraggia neppure il precedente del codice di autoregolamentazione per la formazione delle liste elettorali approvato meno di un anno fa dalla commissione Antimafia e puntualmente disapplicato. Con il triste corollario della presidente Rosi Bindi travolta dalle polemiche (e dalle querele) per aver inserito nella lista degli “impresentabili” anche l’attuale governatore della Campania Vincenzo De Luca. Certo, anche se non è un decalogo a poter ridare credibilità alla classe politica, il tema è sentito. Tanto che pure alla presidente della Camera, Laura Boldrini non è sfuggito «il forte segnale di rigore che il Parlamento italiano darebbe se prima della fine della legislatura si riuscissero ad approvare in via definitiva sia una legge sulle lobbies sia il codice etico per i parlamentari». Un auspicio, per il momento, niente di più. A quasi due anni e mezzo dalle ultime politiche, infatti, mentre la prima procede decisamente a rilento, del secondo si rinvengono le tracce solo in due proposte di modifica del regolamento della Camera presentate nel corso della legislatura.

ONOREVOLI PROPOSTE Morale: In Italia, a differenza di altri Paesi, non esiste un codice di condotta per i parlamentari. Tema al quale il Servizio Studi di Montecitorio ha dedicato uno dei suoi ultimi dossier e che trova fondamento direttamente nella Costituzione. Nell’articolo 54 per la precisione: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». I deputati Paola Binetti di Area Popolare e Michele Nicoletti del Partito democratico hanno depositato, rispettivamente il 17 aprile 2013 e il 5 dicembre 2014, altrettante proposte di modifica all’articolo 12 del regolamento di Montecitorio per l’adozione di un codice etico dei parlamentari. Entrambe, spiega il dossier, «affidano all’Ufficio di Presidenza il compito di elaborare un codice deontologico dei deputati sulla base di alcuni criteri direttivi» prevedendo, sia pur con differenti formulazioni, che «il codice debba indicare le norme di comportamento dei deputati, informate ai valori di correttezza e imparzialità e le procedure per garantire il rispetto di tali norme». La proposta Nicoletti, inoltre, «impegna la Camera a garantire la trasparenza e la pubblicità delle attività dei deputati» introducendo anche «norme finalizzate ad assicurare trasparenza e pubblicità alle attività finanziarie dei deputati ed a prevenire e rimuovere situazioni di conflitto di interessi, oltre a procedure di accertamento delle infrazioni e di applicazione delle conseguenti sanzioni». Entrambi i testi, infine, istituiscono «un Comitato per l’attuazione del codice di condotta con compiti consultivi».

OBBLIGHI E DOVERI Anche se manca un codice deontologico, attualmente lo status di parlamentare e dei relativi obblighi è comunque disciplinato da una serie norme. «Un primo gruppo di disposizioni è finalizzato a garantire l’accesso alle cariche elettive in condizioni di parità» e ad «impedire la costituzione di situazioni distorsive», ricorda il dossier del Servizio Studi. Si tratta delle regole che stabiliscono le cosiddette cause di ineleggibilità a carico di coloro che «in virtù della carica rivestita al momento della candidatura potrebbero non garantire una equa competizione elettorale» e che «fissano limiti alle spese elettorali dei candidati» disponendone l’obbligo di pubblicità. Poi ci sono le norme introdotte dalla legge anticorruzione, meglio nota come Legge Severino. Che, per quanto concerne i parlamentari, introduce le misure della temporanea incandidabilità (per chi abbia riportato condanne definitive per alcuni delitti, ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici), dell’incompatibilità (per la prevenzione di fenomeni corruttivi) e l’obbligo della trasparenza (delle situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado). Ma già prima della Severino, una legge del 1982 disponeva obblighi precisi sulla pubblicità della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive (dai comuni con più di 50 mila abitanti al Parlamento europeo) e di governo. In particolare, i membri delle Camere e del governo devono depositare una dichiarazione concernente la propria situazione patrimoniale, copia dell’ultima dichiarazione dei redditi e una dichiarazione concernente le spese sostenute per la propaganda elettorale. L’obbligo si estende anche alla situazione patrimoniale e alla dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e dei figli conviventi, se gli stessi vi consentono.

COSI’ IN EUROPA Mentre in Italia la corruzione dilaga e la riflessione sull’adozione di un codice etico di condotta dei parlamentari si protrae da quasi due anni e mezzo, il Code de déontologie è stato approvato in Francia già nel 2011 dall’Assemblea nazionale. Sei principi in tutto: interesse generale (i deputati sono chiamati ad agire nel solo interesse della nazione e dei cittadini); indipendenza (deputati non devono trovarsi in una situazione di dipendenza da persone fisiche o giuridiche); obiettività; responsabilità (deputati devono rendere conto ai cittadini che rappresentano delle loro decisioni e azioni agendo in modo trasparente); probità (i deputati hanno il dovere di rendere noto ogni interesse personale che possa interferire con la loro azione pubblica e risolvere ogni eventuale conflitto di interessi); esemplarità. Risale addirittura al 1972, sebbene emendato nel 2013, l’Allegato 1 al Regolamento del Bundestag, contenente le norme del codice di condotta dei parlamentari tedeschi, ispirato ai principi di indipendenza e trasparenza, con tanto di sanzioni (dalla semplice ammonizione alle ammende pecuniarie) che possono essere comminate dal presidente del Parlamento. La condotta dei membri delle Camere del Regno Unito è, invece, affidata a codici di comportamento regolati dai cosiddetti “sette principi della vita pubblica” enunciati nel 1995 dal Committee on Standards in Public Life. Di particolare rilievo quelli riferiti alla Selflessness («i detentori di cariche pubbliche debbono agire solamente in nome del pubblico interesse, e non al fine di perseguire benefici economici o di altra natura per sé stessi o i loro familiari o amici»), alla Integrity («non debbono assumere obblighi di natura economica o di altro tipo verso persone od organizzazioni esterne che potrebbero tentare di influenzarli nello svolgimento del loro ufficio») e alla Honesty (e relativo obbligo di «dichiarare ogni privato interesse correlato alle loro cariche pubbliche, e di adoperarsi per risolvere ogni conflitto in maniera da tutelare l’interesse pubblico»).

AMERICA AMERICA Negli Stati Uniti, il ruolo e l’ambito dei doveri dei membri del Parlamento «non sono oggetto di regole formalizzate, ma costituiscono il risultato di prassi modulatesi nell’esperienza del sistema rappresentativo», fondato sul rapporto che lega il Rappresentante (Representative) al proprio collegio elettorale. «Le funzioni del parlamentare – spiega il dossier del Servizio Studi della Camera – non si limitano quindi all’iniziativa legislativa, al controllo (oversight) e alla partecipazione ai lavori dell’Assemblea e delle Commissioni, ma si esplicano anche nei compiti di rappresentanza e di assistenza svolti nell’interesse dei propri elettori (constituency service)». Ed è proprio al ruolo del parlamentare, «in costante contatto con istanze particolari ed esposto all’azione dei gruppi di pressione», che si correlano prevalentemente le norme deontologiche contenute nel regolamento della Camera, e in particolare la Rule XXIII (rubricata Code of Official Conduct), le cui previsioni, articolate in 18 paragrafi e «destinate tanto ai membri quanto ai dipendenti della Camera, premettono il generale richiamo ai principi di corretto comportamento alla disciplina puntuale ed analitica degli obblighi di trasparenza finanziaria». La violazione delle regole deontologiche da parte di un membro della Camera può comportare l’irrogazione di sanzioni nei suoi confronti, che vanno dalla mozione di censura al richiamo, fino alla sospensione dei privilegi.

Twitter: @Antonio_Pitoni