L'ente americano per la sicurezza stradale ha presentato il prototipo di un sistema che misura il "respiro alcolico". Ma la strada per la sperimentazione è lunga e quella per l'obbligatorietà ancora più tortuosa, visto che finora gli Usa non sono riusciti ad abbassare il limite legale di alcol da 0,8 a 0,5 grammi per litro di sangue
Le auto diventano sempre più sicure, le infrastrutture migliorano – almeno nei Paesi civili – ma le brutte abitudini degli automobilisti e la quasi totale inconsapevolezza sulla pericolosità delle proprie azioni permangono invariate. Tra queste, la guida in stato di ebrezza è ben lontana dall’essere estirpata e ogni anno la conta dei morti è nell’ordine delle migliaia (oltre 10.000 negli Stati Uniti e 6.500 in Europa). Inoltre, i casi di recidiva sono moltissimi, anche il 30%. In venticinque Stati americani e in cinque del Vecchio Continente – Belgio, Finlandia, Francia, Olanda e Svezia – sono già obbligatori i dispositivi “alcol interlock” per chi è stato condannato per guida in stato di ebrezza, ma secondo la l’ente americano per la sicurezza stradale NHTSA è troppo poco. Infatti, solo chi è già stato pizzicato una volta è obbligato all’installazione di un etilometro collegato direttamente con l’accensione dell’auto, che la blocca se il guidatore è oltre i limiti dopo il “soffio”, oppure se non soffia per niente.
Quello che l’ente americano vorrebbe fare è aumentare il livello di prevenzione. Per questo ha presentato un prototipo di auto con installato un sistema di “riconoscimento alcolico” che impedisce l’avviamento del motore se chi si mette al volante è ubriaco. Lo sviluppo è iniziato nel 2008 e pochi giorni fa Mark Rosekind, numero uno della NHTSA, lo ha presentato ai media americani, sottolineando anche il supporto tecnologico che stanno fornendo quindi case automobilistiche, tra cui le ex-Big Three. Il dispositivo si chiama DADSS – Driver Alcohol Detection System for Safety – e lavora in due modi diversi, monitorando l’atmosfera all’interno dell’abitacolo e le sue variazioni indotte dal “respiro alcolico” e valutando il modo in cui il guidatore agisce sui comandi. Certamente entrambe le modalità non sono ancora a prova di errore e ci vorranno almeno altri cinque anni di sviluppo prima che si possano montare in auto.
Il percorso, poi, sarà lungo e tortuoso, perché una eventuale obbligatorietà sarebbe osteggiata dalla potente lobby dei ristoratori (American Beverage Institute) che già lotta da molto tempo per impedire che il limite di alcol nel sangue per mettersi al volante venga abbassato da 0,8 grammi/litro a 0,5, come è successo da noi alcuni anni fa. Ma prima bisogna comunque garantire la piena affidabilità del sistema e se Rosekind ha fantasticato che vorrebbe iniziare a montarlo sulle auto dei giovani e su quelle delle flotte aziendali, poi è tornato con i piedi per terra dichiarando che la prima fase di sperimentazione probabilmente sarà condotta su veicoli governativi. Per far accettare a tutti la presenza del DADSS all’interno della propria auto, e soprattutto per renderlo obbligatorio, è necessario che questo sia discreto, rapido e infallibile. Fino ad allora, saranno solo pochi automobilisti particolarmente coscienziosi a richiederlo come optional sulle proprie vetture.