“Niente più terra dei fuochi” . E’ uno degli slogan che hanno accompagnato la nascita dei cd. ‘ecoreati’, i delitti contro l’ambiente che finalmente sono stati inseriti nel nostro codice penale.
Speriamo sia vero. Ma forse, nell’attesa, è bene ricordare che la piaga dei roghi tossici nella Terra dei Fuochi era già stata oggetto di un sostanzioso intervento da parte del nostro legislatore sin dal 2013; e sempre nella prospettiva di punirla come delitto.
Il decreto legge n. 136 del 2013 (convertito con legge n. 6 del 2014) ha introdotto, infatti, il nuovo delitto di “combustione illecita di rifiuti”, il quale, prevede, come ipotesi base che “….chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni….. “. Ed ha aggiunto che le stesse pene si applicano anche a chi abbandona o deposita questi rifiuti in modo incontrollato “in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti“.
Intendiamoci, anche prima era vietato dare fuoco ai rifiuti (smaltimento non autorizzato) ma la sanzione era molto più mite, trattandosi di contravvenzione.
La trasformazione in delitto, quindi, appare opportuna. Meno opportuna è, invece, la sua formulazione. Infatti, la combustione di rifiuti a fini di smaltimento dovrebbe essere sempre vietata, salvo i casi (esempio: inceneritori) in cui è espressamente consentita e regolamentata; distinguendo, peraltro, se si tratta di ecomafia o di cittadini esasperati. La legge,invece, fa riferimento solo a rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata, di modo che si può pensare che sia lecito dare fuoco, ad esempio, a rifiuti depositati nei cassonetti o oggetto di deposito temporaneo. E, di contro, il governo è dovuto precipitosamente intervenire, pochi mesi dopo, per evitare che, bruciando le stoppie, gli agricoltori rischiassero, con questa legge mal formulata, la galera da 2 a 5 anni.
Ma il vero nocciolo della questione è un altro e non riguarda tanto le sanzioni quanto i controlli sul territorio. Infatti, possiamo fare la legge più severa del mondo, ma senza controlli e senza una forte coscienza sociale, si può avere una attenuazione ma non si ferma chi abbandona i rifiuti nè chi li brucia; specie se a farlo è l’ecomafia. Se per bruciare rifiuti in modo illegale bisogna prima depositarli in modo illegale, non ha senso stabilire che il deposito incontrollato e l’abbandono di per sè siano delitto solo se si provi che essi sono finalizzati alla combustione. Perché questo si vede dopo la combustione. E, per accertarlo, ci vuole qualcuno che faccia controlli generalizzati e continui sul territorio sia sul deposito sia sulla combustione di rifiuti. Ma oggi, per carenza di uomini e di mezzi (con la guardia forestale in pericolo di estinzione), la polizia giudiziaria a stento, e non sempre, riesce ad intervenire dopo la commissione di un reato.
Il vero problema, cioè, è il controllo del territorio specie in zone di ecomafia, dove ci sono troppi territori ormai sottratti alla sovranità dello Stato. Occorre, quindi, in primo luogo riaffermare in questi territori la sovranità dello Stato con le sue leggi ed i suoi controlli. Certo, anche con le sue sanzioni.
Ma per fare questo occorre ben altro. Non basta, come fa il decreto legge sulla combustione, inventarsi un Comitato ed una Commissione interministeriale per il “monitoraggio” (tra l’altro) dei terreni sospetti della regione Campania, ai cui componenti, peraltro, “non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati“. Né basta la disposizione del decreto legge che autorizza i prefetti delle province della Campania ad avvalersi di personale militare delle Forze Armate nell’ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio prioritariamente finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale: non è con la militarizzazione del territorio che si risolvono questi problemi.
Ci vogliono, invece, uomini delle “normali” istituzioni, mezzi e soprattutto volontà politica e coinvolgimento delle popolazioni interessate. Occorre garantire il lavoro e la legalità generale. Occorre cultura. Occorre far sentire che lo Stato esiste, assolve ai suoi compiti (anche per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti) ed è al servizio dei cittadini.
Ben venga, quindi, un inasprimento delle sanzioni. Purché sia chiaro che, da solo, non basta. Specie se la formulazione della legge è imprecisa e raffazzonata. Addirittura, con questa legge sui fuochi, se ci limita al dato letterale, si potrebbe arrivare al paradosso che rischia da 2 a 5 anni il poveraccio che raccoglie una cassetta di legno abbandonata e le dà fuoco per riscaldarsi. E, diciamo la verità, se non si usa la carbonella, anche il barbecue potrebbe essere a rischio.