L'Ispra rileva la controtendenza nella città ligure rispetto ai dati nazionali. La portavoce del comitato SpeziaViaDalCarbone: "Nella zona circostante si è formato un deserto lichenico". Il Comune: "In corso uno studio scientifico, non ci sono casistiche di tumori preoccupanti". L'azienda: "Monitoraggio continuo con Arpa Liguria"
In tutta Italia, dal 2002 al 2012, gli ossidi di azoto nell’atmosfera sono diminuiti. Alla Spezia sono raddoppiati. Lo scrive l’Ispra nel suo ultimo rapporto, pubblicato nel dicembre 2014. La causa? Secondo Daniela Patrucco, sociologa e portavoce del comitato SpeziaViaDalCarbone, potrebbe essere la centrale termoelettrica Eugenio Montale, di proprietà dell’Enel, la quale continua a essere alimentata prevalentemente a carbone. Un’ipotesi che l’ambientalista ha presentato all’assemblea degli azionisti di Enel di fine maggio.
La centrale di La Spezia è alimentata principalmente a carbone nonostante l’impianto “fac-simile” di Vado Ligure, in provincia di Savona, della Tirreno Power, sia stato già messo sotto sequestro, proprio perché troppo inquinante e pericoloso per la salute. Collocata nella piana di Fossamastra, in pieno tessuto urbano, a due passi da una scuola materna, “zona dove si è formato un deserto lichenico”, dice la Patrucco, la centrale ha aumentato, tra il 2002 e il 2013, le sue emissioni di Co2 del circa il 70%. “La spiegazione è relativamente semplice” secondo la Patrucco: da una parte c’è “l’obsolescenza dell’impianto, che ha ormai compiuto 53 anni”. Dall’altra, il fatto che nel 2002 la centrale produceva energia utilizzando carbone per il 42% e metano per il 55%, mentre nel 2013 i gruppi a metano non sono nemmeno entrati in funzione. La stessa Enel, nel suo piano industriale, lega la scelta alla “contrazione della domanda e il conseguente calo del prezzo dell’energia elettrica”. In altre parole, usare il metano al posto del carbone non è competitivo sul mercato.
Così la centrale continua a bruciare ogni anno tonnellate e tonnellate di carbone importate dall’America Latina, tanto che La Spezia, in quanto a dati sull’inquinamento atmosferico, sembra essere in pieno Settecento. Nel decimo Rapporto aree urbane dell’Ispra si legge appunto che tutte le città italiane, quelle analizzate (il campione era composto da 73 città), nel periodo che va dal 2000 al 2012, hanno ridotto sensibilmente le emissioni di ossidi di azoto e ossidi di zolfo, gas particolarmente tossici per l’uomo, in particolari per i bambini, i più sensibili. Tutte, tranne La Spezia, dove le emissioni, nello stesso periodo, sono quasi raddoppiate. “Tutto questo non può non avere conseguenze sulla salute: è ormai provata la relazione tra le emissioni di ossidi di zolfo e ossidi di azoto e l’aumento di incidenza di morti e patologie respiratorie e cardiovascolari”, fa notare la Patrucco, che davanti agli azionisti di Enel ha rispolverato l’ultimo, e unico, studio sull’impatto della centrale a carbone sulla salute degli spezzini del 2004. Nonostante nel periodo analizzato l’impianto iniziasse a diminuire l’uso del carbone, a favore del metano, gli studiosi trovarono comunque una “associazione ecologica tra la mortalità delle femmine per cancro al polmone e l’esposizione all’inquinamento ambientale”. Da allora sono passati dieci anni, la centrale ha abbandonato il metano e molti altri inquinanti sono stati classificati come “sicuramente cancerogeni per l’uomo”.
Eppure, da allora, uno studio epidemiologico specifico sulla centrale termoelettrica e sui suoi effetti sulla salute umano, non è mai stato fatto. “È nostro interesse avere la massima sicurezza sanitaria nel territorio”, assicura l’assessore comunale all’ambiente Davide Natale, che aggiunge: “Uno studio scientifico sul territorio è in corso e i primi risultati garantiscono che non ci sono casistiche di tumori preoccupanti”. Anche Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, secondo quanto scrive La Nazione, fa sapere nel corso dell’assemblea, che Enel svolge “un continuo monitoraggio con Arpa Liguria e non risultano criticità ambientali nemmeno nelle aree con ricadute”. Tanto che nel suo piano industriale, il “Manifesto Futur-e”, Enel dichiara di voler dismettere gli impianti inglobati nel tessuto urbano “che non sono più pensabili come siti di generazione elettrica”, proprio come quello di La Spezia, che però rientra negli impianti “non in discussione”. Ma “l’agonia sarà breve”, rassicura Starace: “Nel piano industriale 2015-2019 – chiarisce l’ad – è prevista la chiusura dei soli gruppi a gas, ma nel 2021 la centrale chiuderà”.