“Le sue sono chiacchiere, è la reazione del disperato. Quelle di Lotito sono parole che verranno portate via dal vento”. Risponde così Pino Iodice, il direttore generale dell’Ischia al comunicato diramato mercoledì pomeriggio da Claudio Lotito, secondo cui “i miei accusatori diventeranno gli accusati”. Contattato da ilfattoquotidiano.it, il dirigente campano, che si è dimesso da dg dell’Ischia e che a febbraio fece scoppiare il caso sul quale la Procura di Napoli ha aperto un’indagine che vede indagato il numero uno di Lazio e Salernitana, è un fiume in piena: “Quello che è successo nelle scorse ore è la testimonianza che quanto dicevo era fondato su qualcosa di importante. Qualcuno aveva detto che la mia era pubblicità. I fatti dicono altro”. Quattro mesi fa, Iodice venne accusato d’essere in cerca di visibilità, d’aver usato Lotito come traino per ambizioni personali: “Non sono un eroe. L’unica pubblicità che cerco è quella attinente il mio lavoro a livello dirigenziale e tecnico. Del resto non mi interessa. Mi gratifica la salvezza dell’Ischia. Non si capisce che la mia non è una guerra a Claudio Lotito – spiega – Semplicemente amo il calcio, è la mia vita da anni e con questa azione ho inteso frantumare le logiche del compromesso e degli amici di merenda”.
“Mai resi pubblici criteri assegnazione”
Un modus operandi, quello denunciato da Iodice, che verrà messo alla prova dei voti il prossimo 30 giugno durante l’assemblea di Lega Pro quando verrà discusso il bilancio 2014. Il consuntivo non era stato approvato durante l’assemblea dello scorso dicembre, quella che ha scatenato reazioni a catena fino al presunto tentativo di estorsione di Lotito: “Oggi sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti c’è la poco uniforme distribuzione delle risorse federali. Ai tempi della Nocerina, e ancora una volta all’Ischia, ho chiesto con quali criteri venissero distribuite le contribuzioni relative al settore giovanile. La Lega Pro non ha mai voluto renderli pubblici”. Poi continua: “Alla luce di quanto è successo, ritengo che nella prossima assemblea le società dovranno prendere coscienza della gravità della situazione. Urge un cambiamento. Tra alchimie contabili e una situazione di grande confusione, non vedo come si possa dare parere favorevole al bilancio. A quel punto, chi ha una coscienza e un minimo di responsabilità dovrebbe fare un passo indietro e non ostinarsi a rimanere attaccato a una poltrona”.
Un anno di caos, ma il Coni ha le mani legate
Il riferimento è a Mario Macalli, presidente della Lega Pro e vice-presidente federale. Al governo della terza divisione da 18 anni, Macalli è recentemente stato inibito per sei mesi per la vicenda legata ai marchi del Pergocrema. Una figura apicale del sistema calcio italiano, squalificato. Alla sua situazione si aggiunge quella di Lotito, consigliere federale ora indagato. Si tratta di due delle persone più vicine al presidente federale Carlo Tavecchio che negli scorsi mesi è finito nella bufera per la questione degli acquisti a presunti prezzi gonfiati di immobili quand’era presidente della Lnd e per la compravendita di due libri di cui è autore da parte dei Dilettanti e della Figc per un totale di circa 300mila euro di spesa. L’indagine di Napoli ha così riaperto la querelle relativa alla possibilità di commissariamento della Figc, chiesta a gran voce negli scorsi mesi da più parti (anche politiche). Il Coni però ha le mani legate. La situazione della Federcalcio è blindata: il commissariamento di una federazione è possibile solo “in caso di accertate gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni nell’ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi – si legge nello statuto del comitato olimpico – ovvero in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi, o nel caso che non siano garantiti il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali”. Nulla che al momento, nonostante gli scandali e le indagini, riguardi il calcio italiano. Per fortuna o purtroppo.