Dalle carte dell'inchiesta emerge il sistema con cui Buzzi e Carminati garantivano contratti nelle coop ai consiglieri di diverse circoscrizioni, che percepivano in pratica un doppio stipendio: quello garantito dal sodalizio e il gettone di presenza previsto dal Comune per partecipare alle sedute consiliari, pagato con le tasse dei cittadini
La cupola non esercitava il proprio potere soltanto sul Palazzo Senatorio. La piovra di Mafia Capitale allungava i propri tentacoli, in maniera capillare, fin dentro i municipi di Roma, riuscendo a creare una rete fidata di consiglieri in cambio di posti di lavoro. E’ lo scenario che emerge dalle perquisizioni effettuate il 2 dicembre nella sede della cooperativa 29 giugno, in via Pomona, a Roma. Dove, tra le carte sequestrate, emergono nomi e cifre. Erano le assunzioni, scrivono gli inquirenti, “richieste da Luca Gramazio (capogruppo Pdl in Campidoglio, ndr) e Giovanni Quarzo (presidente della Commissione Trasparenza, ndr)”.
Consiglieri e politici fidati, al soldo dell’organizzazione. A ognuna, scrive Tl Messaggero, un contratto di un anno in una delle cooperative controllate da Salvatore Buzzi, per un totale di 247 mila euro l’anno. Uno stipendio da 839 euro ad Alessia Petrucci (Consigliere a Valmontone), e Stefano Aloisi (eletto in Campidoglio), 1775 euro a Cristiano Rasi (X municipio), per Andrea Volpi, consigliere, ci sono 1.578 euro dalla Cosma, mentre ad Antonio Aumenta (XII municipio), Andrea Liburdi (II municipio) e Alessandro Petrini (eletto a Tivoli) un contratto da 1.250 euro a testa. Poco più di mille euro al mese andavano a Matteo Guidoni (candidato non eletto), Paolo Rendina (presidente di FI alla Magliana), Paride Alampi (XVI municipio) ed Emanuele Cagiola (capo della commissione Bilancio a Ladispoli).
Qual è la ratio seguita dall’organizzazione? Lo spiega Fabrizio Testa, testa di ponte tra Carminati e la politica, in un dialogo con Buzzi e Massimo Carminati: le assunzioni servono a Gramazio, che “deve sistemare tutto il Consiglio Municipio, tutti i suoi Consiglieri perché lui giustamente, dice ‘io tra un anno vado a votare con le preferenze. (…) Se c’ho tutti a… me lavorano più sereni.. allora che cosa voglio fare io..mi metto questi qua e gli do lo stipendio’…”. In modo che quando serve si mettano a disposizione.
Uno stipendio che si somma alla remunerazione garantita dal Comune. Le legge consente, infatti, ai consiglieri di assentarsi dal lavoro per l’intera giornata quando devono partecipare ad un’assemblea comunale, l’azienda paga loro lo stipendio intero e il Comune rimborsa all’azienda le ore perse. Non solo: quando partecipano alle attività del consiglio, gli eletti percepiscono un gettone di presenza: a Roma 129 euro lordi a seduta e il tetto mensile è di 2.440 euro. In pratica, i consiglieri comprati da Buzzi e Carminati ricevono un doppio stipendio: dalle coop e dal Comune di Roma. Ovvero dalle tasse dei cittadini.
Il sistema è utile, ma costa. Il 12 novembre 2014 Carminati, Buzzi, Testa e il ragioniere Paolo Di Ninno si vedono per parlarne. Il problema principale è che “prima che arrivi il rimborso (del Comune, ndr) ci vuole un sacco di tempo”, spiega Buzzi.