Con il nuovo metodo sono stati già stanati migliaia di furbetti. Ma la soddisfazione del ministro del Lavoro e del welfare Poletti si scontra con la realtà: non sono state ridefinite dagli enti locali le soglie che danno diritto alle prestazioni. E i primi dati diffusi non considerano studenti e universitari
“Nei primi tre mesi dell’anno i nullatenenti sono crollati letteralmente dal 75% a meno del 25%. Per due terzi dei cittadini il nuovo Isee è più favorevole (45%) o indifferente (20%) rispetto al vecchio, mentre solo l’altro terzo registra un peggioramento. Insomma, risultati eclatanti”. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ostentato soddisfazione nel commentare il successo ottenuto dalle nuove e più stringenti regole per il calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente. Lo strumento, in vigore dal primo gennaio, sembra aver smascherato parecchi furbetti, abituati negli anni passati a dichiarare di non avere conti correnti e depositi bancari per ottenere prestazioni sociali (assegni per la maternità, bonus famiglia e bebè, ticket sanitari ridotti) o agevolazioni su asili, università, mense e trasporti. La novità è stata, infatti, rivoluzionaria: l’indicatore è diventato veritiero, dal momento che redditi e patrimoni non sono più autocertificati, ma rilevati direttamente presso l’anagrafe tributaria e gli archivi Inps. Anche se per conti correnti, redditi esteri e automobili la precompilazione è rimandata al prossimo anno.
Si può, quindi, parlare di un successo? Non la pensano affatto così le famiglie delle persone disabili, gli studenti universitari e le Acli che, dalla prima ufficializzazione del nuovo Isee, hanno lanciato l’allarme: “La revisione dell’indicatore ha sfavorito soprattutto chi è in condizioni più gravi, perché la media del pollo di Trilussa non si dovrebbe mai applicare quando si ha a che fare con il welfare”. Il nuovo calcolo prevede, infatti, sia l’inclusione di tutti i redditi esenti ai fini Irpef (per esempio le pensioni di invalidità) sia la valorizzazione del patrimonio immobiliare e una franchigia minore per quello mobiliare. Inoltre, tra i redditi da calcolare ci sono anche quelli dello studente (compresa la stessa borsa di studio che va, quindi, a pesare sull’Isee da calcolare per pagare le tasse universitarie), e del cui nucleo familiare che viene definito in modo più stringente includendo, ad esempio, il genitore divorziato anche se non versa gli alimenti.
Con un evidente effetto concreto: improvvisamente chi si ritrova alle prese con l’Isee diventa più ricco, rischiando l’esclusione dalle prestazioni sociali, anche senza aver guadagnato di più. Come mai? “E’ stato commesso un errore gravissimo: all’aumentare del nuovo valore reddituale non sono state però ridefinite dagli enti locali le soglie che danno diritto alle prestazioni regolate dall’Indicatore”, spiega il direttore nazionale dei Caf Acli, Paolo Conti, secondo il quale “sarebbe stato meglio che il nuovo indicatore l’avessero chiamato ‘Pippo’ evitando paragoni fuori luogo con quello datato 1998 con cui non condivide nulla. E la nota dolente è che Regioni e Comuni non stanno facendo nulla per adeguare i nuovi parametri con il rischio che migliaia di famiglie italiane si ritrovino il prossimo anno escluse dalle agevolazioni universitarie e scolastiche”.
Il report tanto sbandierato dal ministero non ha, infatti, incluso nel suo conteggio nessuna categoria di studenti, dal momento che copre solo i primi tre mesi dell’anno, mentre le domande per gli sconti sulla mensa scolastica, sulle tasse universitarie o sugli asili nido si presentano a settembre. Tanto che analizzando il rapporto si scopre che si tratta di primi dati parziali: il monitoraggio è stato fatto a campione su una platea pari a circa il 2% della popolazione Isee, ovvero circa 22mila modelli su oltre un milione di attestazioni Isee rilasciate dall’Inps nei primi tre mesi dell’anno.
A vedere nero sono gli studenti di Link – Coordinamento Universitario. “Come prevedevamo – afferma il portavoce Alberto Campailla – gli effetti sugli idonei alla borsa saranno pesanti. Le prime proiezioni sono arrivate dalla Toscana, dove l’Istituto regionale programmazione economica (Irpet) ha previsto che il prossimo anno rischiano di perdere la borsa di studio il 9% degli studenti che nel 2014 erano risultati abbastanza poveri da avere diritto a un aiuto. Un altro 5%, invece, subirà una riduzione del bonus”. A oggi, solo Toscana, Piemonte e Puglia hanno deciso di aumentare la soglia Isee che, ad esempio, nel caso pugliese è passata da 17mila a 19mila euro.
A rischiare parecchio sono anche tutte le famiglie in graduatoria per un alloggio popolare. Nessuna Regione ha, infatti, ancora adeguato i propri regolamenti alle nuove soglie di reddito. Proprio in queste settimane la Toscana, da sempre all’avanguardia nel welfare, è all’opera per ridisegnare il sistema di assegnazione e di gestione. Ma tutto è stato già congelato: il nuovo valore dell’Isee fissato a 16.500 euro non è proprio piaciuto ad associazioni e sindacati che hanno lanciato l’allarme: “Rischierebbero in troppi l’esclusione”. Del resto, per capire il valore dell’Isee, basta un esempio: una famiglia composta dal padre operaio con reddito di 20mila euro, la mamma lavoratrice part time da 10mila euro annui e due figli piccoli che vive in una casa di proprietà e ha una piccola giacenza sul conto corrente ha un Isee di circa 22mila euro. Numeri che fanno la differenza anche nel caso dell’esenzione del canone Rai, perché anche viale Mazzini ha lasciato inalterato a 6.713 euro di reddito Isee l’esenzione per gli over 75.
Il capitolo più caldo del nuovo Isee è, però, quello che riguarda le famiglie in cui è presente una persona con disabilità. Qui le regole del gioco sono cambiate vistosamente, a cominciare dal fatto che per la prima volta sono stati conteggiati come reddito tutti gli aiuti economici (assegni di cura, indennità di accompagnamento, pensioni) che lo Stato riconosce. “La disabilità non può fare reddito”, hanno denunciato le associazioni di disabili che, non accontentandosi di una serie di detrazioni che possono essere inserite nel calcolo dell’Isee, dall’inizio dell’anno hanno presentato diversi ricorsi: tre sono stati già accolti dal Tar del Lazio che ha annullato la parte dell’articolo che inseriva tra i redditi anche le indennità a sostegno della disabilità. Ma cosa è cambiato? “Assolutamente nulla, il governo non ha dato seguito alla decisione e così – racconta Ilde Plateroti, alla guida di Anffas Ostia (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità) – nel nuovo Isee che ho presentato mi hanno calcolato come reddito anche 300 euro al mese della pensione di invalidità civile che ricevo. Del resto – continua – io sono ricchissima per lo Stato, perché mio figlio disabile al 100% percepisce sia la pensione d’invalidità che quella d’accompagno. In tutto si tratta di 750 euro al mese che vanno sommate alle mie. E poi c’è da aggiungere al conteggio anche la busta paga che rilascio al ragazzo che assiste mio figlio di notte. Redditi che mi portano pericolosamente al limite della soglia per le agevolazioni, rendendo troppo oneroso per me l’accesso ai servizi”. Il governo ha ora tempo fino al 10 agosto per impugnare le sentenze del Tar e la paura delle famiglie è tanta: “Per noi si aggrava di giorno in giorno la situazione di caos e di iniquità fiscale. Il nuovo Isee, così come formulato, avvantaggia solo gli adulti con disabilità motoria che vivono soli e penalizza invece pesantemente tutti quelli gravi. Hanno innescato una guerra tra disabili, mentre il governo fa festa su dati che rappresentano una falsa realtà”.