La candidata perdente va a Roma e alla direzione nazionale del partito e attacca chi anziché appoggiarla ha fatto il gioco del nemico. I massimi dirigenti locali: "Dopo la tragedia siamo alla farsa"
La tempesta perfetta. Sconfitto alle urne (Lella Paita battuta dal centrodestra di Toti e Rixi), spaccato all’interno fra renziani ortodossi e frondisti (i vecchi ex comunisti Montaldo, Benvenuti, Bassi), vittima di una scissione a sinistra (Cofferati, Pastorino) il Pd ligure annaspa e cerca la via d‘uscita dal tunnel. Congresso sì? Congresso no? A livello regionale gli iscritti saranno convocati, par di capire, ma non subito, l’anno prossimo. Nel frattempo, botte da orbi.
Raffaella Paita, la grande sconfitta, va a Roma e alla direzione nazionale del partito consegna un intervento notturno che solo apparentemente è una ammissione di responsabilità. Parla di molti errori commessi da lei ma vira secca di bordo e torna ad attaccare i traditori Cofferati e Pastorino che hanno consegnato la Liguria alla destra e le barbe finte del partito che anziché appoggiarla hanno fatto il gioco del nemico. Apriti cielo. Dalle stanze di via Maragliano, sede genovese del partito, partono le bordate dell’artiglieria degli organi dirigenti. Alessandro Terrile, segretario genovese, dimissionario, dice a ilfattoquotidiano.it: “Dopo la tragedia la farsa. Quella scatenata della Paita fa discorsi incomprensibili anziché aiutarci a riflettere sulla sconfitta: e il partito di Roma sembra alquanto disinteressato alle vicende liguri. Ci invita alla calma, a lasciar decantare la situazione, a far sbollire la delusione. Ma i tempi lunghi sono incompatibili con la necessità di fare una discussione ampia sulla sconfitta elettorale e capire dove vogliamo portare il partito. Pertanto la settimana prossima convocherò l’assemblea provinciale dove mi presenterò dimissionario, perché è giusto che ciascuno di assuma la sua parte di responsabilità”.
Acqua ancor più agitate, se possibile, a livello regionale, dove la sconfitta alle urne ha prodotto lacerazioni importanti. Il segretario Giovanni Lunardon, come Terrile del resto, non è mai stato entusiasta della candidatura di Raffaella Paita e non ne ha mai fatto mistero. Si è risolto ad appoggiarla soltanto quando era apparso evidente che in gioco c’era il futuro del partito. Lunardon ora è sotto tiro da parte dei renziani che ne reclamano la testa. Si presenterà dimissionario, ma non rinuncia a puntualizzare e a respingere le accuse: “Se anche dopo una sconfitta così ci si lascia andare al livore non andiamo da nessuna parte”, ha dichiarato al Secolo XIX. “Ora è tempo di lavorare per ricompattare il partito e trovare soluzioni nuove, non di andare alla conta”. Lunardon soffre anche in primissima persona. E’ risultato l’ultimo degli eletti della lista del Pd ma deve fare i conti con il ricorso presentati dall’ex assessore e compagno di partito Giovanni Boitano, nonché con l’istanza del neo governatore Toti che in subordine alla richiesta di avere tre consiglieri in più in base alla legge regionale, chiede che venga tolto un saggio al Pd e quel seggio appartiene proprio a lui. Da segretario regionale a disoccupato il passo potrebbe essere breve. La Commissione centrale elettorale della Liguria si pronuncerà in merito giovedì 11.
Lunardon rispetto a Terrile affronta anche un problema politico in più. La defezione dei civatiani liguri (l’ultimo a dire addio è l’ex assessore della giunta Vincenzi, lo spezzino Andrea Ranieri) gli ha fatto perdere il controllo della segreteria del partito. La maggioranza l’aveva conquistata a stento nell’ultimo congresso, conclusosi politicamente in parità con i renziani. L’ipotesi che circola è quella di nominare un segretario-pontiere che conduca il Pd ligure al congresso nel 2016. Confidando che nel frattempo si siano sciolti i numerosi equivoci che ne hanno appesantito l’azione politica. Si fanno i nomi del savonese Nino Miceli, consigliere regionale nell’ultima legislatura, non riconfermato e del senatore del Tigullio Vito Vattuone, renziano. Ci sono poi i 200 firmatari del manifesto anti-Paita che promettono di organizzarsi in forza autonoma, ma restando ben saldi all’interno del partito. Claudio Montaldo, ex vicepresidente della giunta Burlando ed ex assessore alla sanità, e Ubaldo Benvenuti, già segretario regionale, sono figure di spicco della nomenklatura di estrazione comunista, godono di largo seguito fra i militanti e possono far pesare la loro influenza politica quando si celebrerà l’inevitabile autodafè collettivo.
In Liguria i seguaci del premier avevano e hanno in Claudio Burlando – l’inventore della candidatura di Lella Paita – il loro alfiere. La sconfitta alle urne ha indebolito l’ex governatore che – salvo la conferenza stampa di commento al voto – si è rinchiuso nel silenzio. Come si muoverà nella giungla degli agguati che i vari esponenti del partito stanno organizzando? Certamente non si ritirerà a vita privata come aveva lasciato intendere di voler fare. Scopone e funghi possono attendere. L’uomo forte del partito in Liguria è ancora lui. Fino a prova contraria, naturalmente.