L'ex monopolista delle telecomunicazioni aveva annunciato un piano di reclutamenti beneficiando di solidarietà espansiva e agevolazioni previste dal Jobs Act. Ma la coperta è troppo corta e intanto il vecchio ammortizzatore è scaduto
Che fine hanno fatto le 4mila assunzioni sbandierate a febbraio da Telecom Italia come un tassello fondamentale del piano di investimenti in fibra? Il piano di reclutamenti è al palo perché è legato a doppio filo con il braccio di ferro fra imprese e governo sul tema della solidarietà espansiva, un istituto quasi sconosciuto in Italia che avrebbe il merito di far esplodere le assunzioni e consacrare il successo del Jobs Act. La partita, che si intreccia con la strategia di Telecom negli investimenti in fibra, è infatti ancora tutta da giocare.
Ma che cosa c’è esattamente in ballo? Finora, come tante altre aziende italiane, Telecom Italia ha usufruito della cosiddetta solidarietà difensiva per buona parte dei suoi dipendenti: in pratica, il gruppo ha ridotto il costo del lavoro tagliando il monte ore dei suoi 30mila lavoratori e sfruttando gli ammortizzatori sociali che compensano in busta paga fino all’80% della cifra decurtata. In questo modo la società ha abbattuto il costo del lavoro scaricandone parte del peso sulle casse pubbliche. A fine aprile però la solidarietà difensiva è terminata per buona parte dei settori in cui Telecom l’ha utilizzata. Così ora il gruppo spera che il governo assicuri la copertura per la solidarietà espansiva, con cui lo Stato si fa carico del 70% della quota decurtata dagli stipendi dei lavoratori e in cambio chiede nuove assunzioni. Per Telecom sarebbe manna dal cielo dal momento che, come ha spiegato l’ad Marco Patuano agli analisti a febbraio, la società riuscirebbe a svecchiarsi senza appesantire il bilancio grazie anche alle agevolazioni contributive del Jobs Act.
I sindacati del resto sono a loro volta particolarmente interessati alla faccenda della solidarietà espansiva. C’è da scommettere infatti sin d’ora che, qualora il nuovo ammortizzatore passasse, le organizzazioni dei lavoratori svolgerebbero un importante ruolo di raccordo nella fase operativa. Con il rischio concreto che la grande occasione di rinnovamento aziendale data dallo strumento si trasformi in una lottizzazione sindacale che lascia poco spazio a merito e competenze. Per il Paese non sarebbe certo una novità. Ma un film già visto in Poste Italiane dove, negli anni addietro, per incentivare i prepensionamenti, l’azienda pubblica metteva sul piatto anche contratti per i figli dei dipendenti riuscendo a far accettare buonuscite modeste ai lavoratori vicini all’età pensionabile. Con il risultato che il ricambio nelle Poste c’è stato, ma il maggior beneficiario dell’operazione è stato il sindacato e il suo ramificato sistema di potere.