Matteo Renzi, dopo il riesplodere dello scandalo Mafia capitale, esorta a una “lotta senza quartiere” alla corruzione. “Dobbiamo impegnarci, anche in Italia, in una lotta senza quartiere alla corruzione, per una lotta senza quartiere alle inefficienze burocratiche e per cambiare le cose che non vanno”, ha sottolineato il presidente del Consiglio a una conferenza di Expo. Ma su di lui e sul Pd pesa ora la questione di Ignazio Marino, il sindaco non coinvolto nelle indagini ma di cui da più parti si chiedono le dimissioni. Lo fa oggi Beppe Grillo: “Roma è ostaggio di criminali e politici corrotti. Il Pd c’è dentro fino al collo, ma “Ignaro Marino” fa finta di non sentire e intanto gli commissariano il Giubileo. #MarinoDimettiti” è la conclusione di un post che lancia la “fiaccolata dell’onestà con i parlamentari del M5s che partirà alle 21 del 27 giugno ad Ostia”.
Grillo fa in particolare riferimento in particolare ad Andrea Tassone, “l’ex il minisindaco di Ostia del Partito Democratico, arrestato nell’inchiesta Mafia Capitale. Faceva gli affari con Salvatore Buzzi, il boss delle cooperative rosse, per accaparrarsi soldi illeciti sulle spiagge del litorale romano”. E il partito di Renzi? “La Serracchiani dice che il Pd lo ha cacciato prima che intervenisse la magistratura. Balle. Ma se così fosse, allora ci domandiamo perché Tassone non lo hanno denunciato loro. Omertà? Complicità? Copertura mediatica e politica di un criminale da parte del Pd? Fate vobis”. Ieri sera il presidente dei democratici Matteo Orfini, che è anche commissario del partito nella capitale, aveva ribadito le sua accuse al Pd romano: “Ha una responsabilità piuttosto grande nel non essersi reso conto in questi anni di quanto stava accadendo nella città”. Ma allo stesso tempo Orfini ha chiarito: “Marino deve andare avanti”.
Certo, dopo che al sindaco è stato tolto il “peso” della guida dell’organizzazione, il rischio che aleggia è che si possa scivolare – retata dopo retata – verso un’ipotesi di commissariamento o addirittura di scioglimento del consiglio comunale o di dimissioni del primo cittadino. Il Pd preferirebbe naturalmente la prima ipotesi perché gli permetterebbe di far calmare le acque prima di presentarsi alle elezioni. Il dibattito, peraltro, coinvolge anche le altre forze politiche se è vero che Alessandro Di Battista su Repubblica e Stampa si lamenta di non potersi candidare a sindaco della Capitale: “Non posso, devo prima finire il mandato – dichiara – Queste sono le regole del M55 e valgono per tutti noi. Nessuno escluso. Abbiamo questa regola. È una questione di serietà, altrimenti non possiamo prendercela con la Moretti che saltella da un posto all’altro”. Ma i Cinque Stelle sono convinti che “la piazza è con loro”.
E ora anche dentro al Pd si moltiplicano le voci che chiedono prudenza: “Roma – dichiara il presidente della Puglia Michele Emiliano – ha una continuità negativa di scandali: dalle municipalizzate a Mafia Capitale. Al sindaco di Roma Marino direi che l’onestà personale non basta più. Bisogna muoversi da pubblico ufficiale, tale è il Sindaco, e denunciare i corrotti quando se ne viene a conoscenza. L’uomo è un legno storto e di fronte al denaro pubblico ha reazioni simili a quelle dei batteri di fronte ad una ferita. Questo compito di vigilanza non può essere sfuggito da chi vuole fare l’amministratore pubblico oggi”. Dall’altra parte il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti assicura: “Io e il sindaco Marino siamo due amministratori su due posizioni diverse ma stiamo conducendo la stessa battaglia. Mi sento un amministratore che lotta per la legalità e fa di tutto per fermare tentativi di aggressione. E ci hanno provato e, salvo due casi, non ci sono riusciti”.