“Sono tornato alla ‘mia’ Scorziata. Ho visto che il pavimento della storica chiesa è stato rubato. Ho trovato che le travi del soffitto sono ormai tutte crollate. Sono andato a dire addio all’affresco del Cristo in croce che avevamo scoperto con Enzo Albertini e Sergio Siano nel 2011 al di sotto dell’altare. Guardate anche voi questo affresco sconosciuto ai napoletani. E’ l’ultima occasione che avete per vederlo: fra qualche mese non esisterà più, come tutta la Scorziata. Nel disinteresse della città”.
Ecco il post pubblicato qualche giorno fa da Paolo Barbuto, giornalista de Il Mattino, sul suo profilo Facebook. Quasi contemporaneamente sul sito de Il Mattino.it il reportage con tanto di galleria fotografica e video. Protagonista di questa storia di inciviltà, una chiesa di Napoli.
Il sacro tempio della Scorziata di vico Cinquesanti, chiamata più propriamente chiesa della Presentazione di Maria al Tempio della Scorzata. Chiesa, annessa al Conservatorio, fondata nel 1579 e nel XVIII secolo oggetto di un rifacimento. Ma è il sisma del novembre 1980 ad aver segnato il monumento. Prima la chiusura e poi la lunga stagione del degrado. Inarrestabile, come è documentato in rete da diversi video.
All’origine dell’abbandono, un contenzioso tra i responsabili della Fondazione Scorziata e il Comune di Napoli. Ma è una storia che racconta anche molto di più: l’incapacità di valorizzare il patrimonio monumentale della città e del suo comprensorio e le irrilevanti attenzioni rivolte ad un’architettura di pregio.
Trentacinque anni di nulla hanno prodotto questo disastro, fatto di ruberie di ogni tipo e sottrazioni reiterate. Nel 1993, soprattutto, quando sono scomparse icone ed altari settecenteschi, oltre alla maggior parte delle tele: quelle della ‘Presentazione al tempio’ di un allievo di Francesco Solimena; un ‘San Giovannino’, copia di una tela di Caravaggio; una ‘Madonna che appare a San Romualdo’ di un manierista del primo Seicento; una ‘Madonna del Rosario‘ di un allievo di Massimo Stanzione e le settecentesche ‘Madonna con sant’Anna e sant’Agnello‘ e una ‘Madonna con bambino e santi’.
Nel 2012 un incendio e poco prima il crollo della volta dell’aula centrale. L’edificio, ormai spogliato di ogni arredo, è uno scheletro. Neppure intero. Alcuni mesi fa è stato asportato persino il pavimento, mentre gran parte degli intonaci dipinti si sono distaccati dalle pareti. Non resta che l’affresco della crocefissione del Cristo scoperto alcuni anni fa in un ambiente al di sotto del pavimento dell’aula centrale.
Una chiesa nel pieno centro di Napoli diventata una cava dalla quale asportare qualsiasi tipo di materiale. Un self service dove andare a cercare quel che serve. Un monumento trasformato in un rudere. Nella colpevole indifferenza di molti.
Ci sarebbe il ‘Recupero e la Rifunzionalizzazione‘ nell’ambito del grande progetto ‘Centro Storico di Napoli – Valorizzazione del sito Unesco‘. Un importo di 190mila euro, dei quali più di 62.117,50 per la redazione del progetto definitivo strutturale, assicurati dal finanziamento Por Fesr Campania 2007-13. Un iter interminabile quello dell’affidamento. Così mentre le sedute di gara si susseguono, la chiesa viene ‘smontata’.
Nell’ottobre 2013 i carabinieri hanno sequestrato in un magazzino del porto di Gioia Tauro i pezzi nei quali era stata smontata un’altra chiesa. Quella del Carmine di Montegiordano, piccolo paese nell’Alto Jonio cosentino. Francesco Vezzoli, un artista bresciano, dopo averla acquistata avrebbe voluto ricostruirla nel cortile del Moma Ps1, a New York. Sarebbe dovuta servire a realizzare la seconda installazione della sua opera ‘The Trinity’, nata in collaborazione con il museo newyorchese, il Maxxi di Roma e il Moca di Los Angeles.
Ma quasi all’improvviso la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Cosenza ha bloccato l’operazione. Vezzoli era convinto che spostare a New York la chiesa di Montegiordano significasse ‘nobilitarla‘. “Nessuno ci andava mai. La porto da un campo di sterpaglie al Moma. Sta meglio là, no?”, diceva Vezzali.
Pensando a quel che accade alla Scorziata verrebbe da dire che in fondo l’idea dell’artista bresciano non fosse così strampalata. Forse.