Un caffè in piazzetta? È una ‘paesanata’. Quelli d’intelletto chic preferiscono la galleria d’arte open air di Federico Guiscardo Ramondini, caprese di nascita, globetrotter, laureato alla Bocconi, master in medicina naturale, omeopata, praticamente 4 vite vissute in soli 37 anni. Ma soprattutto dadaista nel dna. Ha trasformato il giardino dell’antica casa di famiglia di Anacapri in luogo polivalente, per l’appunto, la galleria “Capri Clou” ma rimane in infinita attesa dalla Sovrintendenza per una temporanea struttura espositiva in vetro. “Premesso che in qualsiasi altro posto verrebbe incentivato e non ostracizzato”, dice Federico che qualcuno chiama il Gagosian di Anacapri. Intanto ha già avviato una collaborazione con l’HEC, HauI di Parigi e la “Ram”, Radio Arte Mobile, per una sperimentazione del binomio arte impresa. Con reminiscenza bocconiana. L’esposizione Arena di Anacapri (in scena fino al 30 settembre) mette in mostra opere di Fabrice Hyber, vincitore di una Biennale di Venezia, dal forte contenuto erotico. Come le altalene dell’amore di Fabrice Hyber e la fontana antropomorfa zampillante acqua dai punti più erogeni. Mentre nel bosco delle mimose nidi “parlanti”, appesi agli alberi recitavano poesie, originalissima installazione di Donatella Spaziani. E sulla parete in calce bianca spiccava invece un murales, riecheggiante la sirena alchemica della carta dei tarocchi, firmata da Ozmo, lo street artist del Leoncavallo, un riferimento all’anima esoterica di Capri.
In alternativa c’è l’altro giardino de La Residenza Hotel, all’ombra del monastero de La Certosa, dove Costanzo De Angelis, l’anfitrione dal borsalino chic, ha ribadito l’antica vocazione culturale di Capri, quando nell’isola azzurra erano di casa Gorgy e Lenin, Malaparte, Moravia e Axel Munthe. Adesso ci guazza il generone romano in trasferta.
Aromatico al bergamotto, mughetto e geranio e speziato ai fiori di garofano è così che Carthusia, storico brand caprese, vola a New York per interpretare una fragranza su commissione, “The Essence of Central Park”, per festeggiare, per l’appunto, i 35 anni del Central Park Conservancy, la Fondazione che gestisce uno dei parchi più famosi al mondo. Gli americani il loro green se lo curano bene.E quando le istituzioni latitano si sostituisce il privato. Vai invece a Villa Comunale di Napoli, gioiellino di fine Ottocento affacciato sul golfo, con vocazione di essere uno dei parchi più belli al mondo. Invece è gettato alle ortiche.
Come si dice “O sole mio sta ‘n front a te” in mandarino? E’ sbarcato un bastimento carico di “occhietti a mandorla” da Anema ‘e core, la taverna caprese che conta più cloni canterini nel Mediterraneo dei saraghi d’allevamento. Il tam tam dell’isola cinguetta che si tratta di pezzi grossi di Pechino, no di Singapore (non importa), comunque più avvezzi ai consigli d’amministrazione che alle tammurriate di Guido Lembo.
Guido, lo chansonnier bipartisan, che solo la sua energia infinita lo ha fatto sopravvivere al male “alieno”, un tumore, che fa cantare Bertinotti e Berlusconi, che fa rosicare d’invidia il canterino Apicella, che ha intonato: “Vulesse ch…ava’, ma nun ci ‘a fa’ al principe Alberto di Monaco (tanto con quell’espressione un po’ da pesce lesso non capiva) e Malafemmina per Charlotte Casiraghi.
Zigzagando fra i tavoli, c’è Andrea Della Valle, presidente de La Fiorentina, che Guido sfrucolea: “E dai, vieni a dirci Forza Napoli”, c’è l’imprenditore stiloso Roberto Russo, l’unico a non perdere l’amplomb mentre Fiorillo (Paolo) beateggia il suo “Inno di Capri”.
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