Diritti

Welfare, gli assistenti sociali ai governatori: “Crescono le disuguaglianze”

Il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Silvana Mordeglia, chiede "un nuovo modello di welfare per abbattere steccati e superare l’asimmetria tra Servizio sanitario e Servizio sociale regionale"

“Il rischio è che aumentino ancora di più le diseguaglianze, perché la differenziazione tra le diverse politiche di welfare consolida le diversità tra i territori”, scrive in una lettera aperta il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Silvana Mordeglia. La lettera è indirizzata ai neo-eletti governatori regionali alle elezioni del 31 maggio scorso. “E’ urgente un segno di discontinuità rispetto al passato, un nuovo modello di welfare in grado di abbattere steccati, così come superare l’asimmetria tra Servizio sanitario regionale e Servizio sociale regionale”.

“Serve – aggiunge – una azione comune volta a richiamare Governo e Parlamento alle rispettive responsabilità”. “Si amplia e si consolida in modo drammatico – scrive il presidente degli assistenti sociali ai presidenti di Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto – l’area della vecchia e della nuova povertà. Crolla la coesione sociale. La continua erosione della spesa pubblica rende tutto più difficile. Manca una visione d’insieme con obiettivi comuni tra i diversi attori che in esso operano”.

Sul tema dell’assistenza e delle politiche sociali, le competenze sono infatti di pertinenza delle amministrazioni locali e non dello stato centrale, che tra l’altro ha sostanzialmente azzerato il finanziamento nazionale alle politiche sociali territoriali. “Il ruolo dei presidenti di Regione”, dice Mordeglia, “può essere decisivo: da almeno cinque anni quello dello Stato si è drasticamente ridotto e, di conseguenza, cresce il ruolo delle politiche regionali”.

“Il vostro ruolo di governatori – si legge ancora nella lettera aperta – impone una forte e decisa assunzione di responsabilità: chi – come noi assistenti sociali – vive ogni giorno, sul campo, accanto alle persone deboli e fragili cercando di far trovare in loro stesse le risorse per riprendere in mano la loro vita, non può non augurarsi un sostanziale cambio di rotta. Non gattopardesco, però – tutto cambi perché niente cambi – ma realistico, verificabile e realizzato a misura dei bisogni effettivi delle persone e coerente con le risorse disponibili”.