Un filosofo “per” la medicina, come me, e un oncologo, primario di una unità complessa di oncologia come GianMauro Numico hanno deciso di scrivere un libro sul cancro a quattro mani: “La complessità che cura, un nuovo approccio all’oncologia” (edizioni Dedalo).
Siamo partiti dalla convinzione di base che saperi anche diversi a certe condizioni permettono una comprensione più estesa e profonda di quella grande, drammatica complessità definita cancro. Siccome la comprensione di qualsiasi malattia è la base per la sua curabilità ne deriva che la filosofia e l’oncologia insieme se ben dosate e ben usate possono accrescerne ragionevolmente i poteri, gli effetti e l’efficacia.
Ma per non sembrare dei ciarlatani che millantano l’ennesimo rimedio miracoloso contro il cancro vediamo di spiegarci meglio e sgombrare il campo da possibili equivoci:
- la conoscenza scientifica del cancro è quella attualmente a disposizione dell’oncologia vale a dire è quella che attraverso la ricerca di base e la sperimentazione mette a disposizione dei malati certi trattamenti
- il filosofo non aggiunge nulla a questo genere di conoscenza ma aggiunge alla conoscenza scientifica della malattia quella filosofica che riguarda il malato e l’oncologo come persone cioè la conoscenza dei soggetti
- il filosofo aiuta l’oncologo a rendere personale una conoscenza scientifica per sua natura concepita come impersonale sapendo per accrescerne gli effetti positivi
- la personalizzazione delle cure passa per una relazione di cura diversa dal solito, che in quanto tale ha almeno teoricamente un grado di efficacia in più rispetto alle cure impersonali con meno effetti collaterali e in ogni caso, aumentando il grado di adeguatezza dei trattamenti, con risultati migliori.
Quindi il filosofo aiuta l’oncologo a essere più adeguato al malato da curare facendo in modo che il malato a sua volta diventi un coautore della propria cura.
Come fa? Non certo riempendo la testa dell’oncologo con delle astratte speculazioni filosofiche e meno che mai spiegando all’oncologo il pensiero dei principali filosofi del 900, ma fornendogli conoscenze molto concrete, cioè scientifiche in un altro modo e in un altro senso, ad esempio quelle:
- che derivano dalla relazione con il malato
- relative al governo della complessità
- che riguardano l’uso ottimale della conoscenza scientifica, del linguaggio, che ci fanno comprendere l’essere, la persona, l’individuo ma anche il contesto, la contingenza, la situazione e tante altre cose.
Il filosofo quindi non cura il cancro ma si occupa degli oncologi che curano il cancro e delle persone che hanno il cancro aiutandoli a pensarsi nella complessità come complessità usando la propria complessità.
Oggi il cancro continua a crescere: aumentano gli italiani che ‘vivono’ con il cancro, (+17% in cinque anni), cinque anni fa i malati di cancro erano 2 milioni e mezzo, oggi sono più di 3 e 1 malato su 4 è completamente guarito. (7°rapporto Favo). Siccome la sua guaribilità per quanto in crescita resta bassa, acquista importanza strategica la curabilità perché è da questa che dipende il grado reale di sopravvivenza.Per cui il libro propone:
- di accrescere con i mezzi scientifici a nostra disposizione la curabilità del cancro agendo sulla personalizzazione dei trattamenti
- di considerare la complessità del malato di cancro (la malattia, il contesto, la storia individuale, le situazioni, i vissuti, l’esistere ecc) non come un problema ma come una risorsa da usare
- di distinguere progresso scientifico (farmaci e trattamenti) da rinnovamento culturale dell’idea di cura( modi come la si intende, come la si concepisce e quindi come andrebbe agita) e colmare il divario che c’è tra nuovi mezzi disponibili e vecchie modalità terapeutiche
- di considerare una terapia costituita da una parte sostanziale e da una parte culturale. La prima è fisica, cioè un principio attivo, e agisce in modi deterministici, semplici, lineari, meccanici la seconda è culturale cioè filosofica e interagisce nelle relazioni
- di convincersi che oltre le terapie disponibili sono importanti le capacità di chi le usa quindi dell’oncologo e del malato
Il libro propone alla fine un altro genere di clinica, da quella osservazionale che inizia a ragionare a partire dai sintomi che vede, a quella relazionale che oltre a ragionare sui sintomi delle malattie ragiona sugli esseri malati con gli esseri malati attraverso delle relazioni.