Mettiamo per un attimo da parte l’odio per gli uomini e le battaglie degli anni Settanta, i reggiseni bruciati e i libri di Simone de Beauvoir. Le femministe di oggi indossano il rossetto e i tacchi alti e spesso sorridono. Ma non per questo sono meno agguerrite. Ne sa qualcosa Chimamanda Ngozi Adichie, talentuosa scrittrice nigeriana ed eroina del femminismo postmoderno, che nel suo ultimo saggio ha deciso di declinare l’aggettivo al maschile: “Dovremmo essere tutti femministi”. Già, perché oggi le disparità di genere non sono solo un problema da donne, ma una questione globale.
Nel suo saggio – trascrizione di un lungo intervento tenuto a una conferenza TEDx – la Adichie ricorda quanta strada c’è ancora da fare perché le donne raggiungano l’uguaglianza sociale. Durante il suo discorso cita anche l’attivista Wangari Maathai, premio Nobel per la Pace, scomparsa nel 2011: “Aveva ragione a dire che più in alto si va, meno donne ci sono”. Già, perché la scalata ai posti di potere è un affare solo maschile e una donna – quando ce la fa – deve faticare il doppio.
Chimamanda aveva quattordici anni la prima volta che la chiamarono “femminista”: “Non sapevo neanche cosa volesse dire, così corsi a casa a cercare sul dizionario”. E quello che lesse quel pomeriggio se lo tiene stretto ancora oggi: “Femminista è una persona che crede nell’uguaglianza sociale, politica ed economica tra i sessi”.
Oggi è una donna di 37 anni che si divide tra Lagos, la città più grande della Nigeria, e gli Stati Uniti, dove vive con suo marito. E questo le ha permesso di capire un’altra cosa: che l’America è un paese libero ma contraddittorio e che le disuguaglianze ci sono in ogni angolo del mondo, solo che vengono percepite in maniera diversa. Chimamanda cambia espressione quando racconta alla platea che a Lagos non può entrare da sola in molti club: per farlo devi essere accompagnata da un uomo. E se poi entri in un ristorante il cameriere saluta solo il tuo accompagnatore, non te: “Ogni volta che mi ignorano mi sento trasparente”, ammette. E aggiunge: “Sì, sono arrabbiata. E dovrebbero esserlo tutti. Ma ho fiducia”. Fiducia nelle generazioni che verranno. Per questo dobbiamo spiegare ai bambini e ai ragazzi che il successo di una donna non rappresenta alcuna minaccia per l’uomo e che il matrimonio è una scelta, non un’aspirazione: “Il compromesso è ancora una cosa da donne: in Africa e in molti altri paesi al mondo sono loro a rinunciare a un sogno o alla carriera in nome dell’agognata pace nella coppia”, racconta. E ancora, perché diamo ancora per scontato che sia la donna a preparare la cena o ad alzarsi per andare a prendere una cosa? “Le donne nascono forse con il gene della cucina?”, scherza Adichie, ricordando che però gli chef stellati sono sempre uomini. Per questo lei ha deciso di non scusarsi più per la sua femminilità: “Diciamo alle donne ‘copriti’ o ‘chiudi le gambe’, come se nascere femmine le rendesse già colpevoli di qualcosa”.
La sua battaglia a suon di gonne a ruota e lucidalabbra ha conquistato anche Beyoncé, che ha inserito una parte del suo discorso all’interno del brano “Flawless”. Ma per Chimamanda le soddisfazioni non finiscono qui. Brad Pitt ha deciso di produrre un film ispirato al suo romanzo di maggiore successo, Americanah, che racconta la vita di una ragazza nigeriana che emigra in America per sfuggire alla dittatura militare. Una storia dai forti contorni autobiografici e che sul grande schermo sarà interpretata dall’attrice premio Oscar Lupita Nyong’o. Adichie, però, non si monta la testa: “La cosa a cui tengo di più sono i miei libri – spiega -. Una volta una donna mi ha detto che le mie storie l’hanno fatto sentire meno sola: ecco, questo per me è il successo”.