Nel 2012 scrissi due articoli sul mondo riabilitativo e sui ‘misteri’ di ricoveri non sempre appropriati. Naturalmente l’ottica delle aziende è quella di cercare i modi, non sempre corretti, per risparmiare i costi (superiori nel pubblico, inferiori nel privato). Per far ciò occorre considerare la tipologia dei contratti del personale sanitario in genere, che incide pesantemente sui costi. Se infatti il pubblico ha una prevalenza di dipendenti, nel privato prevalgono i libero professionisti molti dei quali, soprattutto nelle gerarchie più elevate, sono pensionati ospedalieri ‘assunti’ con contratti a rapporto libero-professionale.

Ma se i requisiti per l’accreditamento prevedono determinati organici, è giusto che questi siano ‘coperti’ da non dipendenti (l’Inps non ha nulla da dire?)? Ad esempio un primario ospedaliero ortopedico, in pensione per raggiunti limiti d’età, si rivolge a una clinica convenzionata ove ricopre lo stesso incarico (cosa che non potrebbe fare se la legge fosse uguale per tutti). Naturalmente questo vale per tutti i reparti, per i medici e per il personale sanitario compreso i fisioterapisti nelle riabilitazioni.

Nel 2013 la Regione Lombardia, nella delibera 1185 del 23.12.2013, all’allegato 3 – sub allegato C, si occupa delle “attività riabilitative” descrivendo i concetti generali e applicativi, la strategia attuativa e, in particolare, il riconoscimento e la complessità delle attività di riabilitazione sulla base delle codifiche sulla scheda di dimissione ospedaliera (Sdo). Come dico da tempo il controllo dell’operato del medico deve essere eseguito sul paziente altrimenti c’è il rischio che la Sdo sia il frutto della fantasia e della capacità di codificare dei codificatori.

Ma andiamo con ordine a seguire il sub allegato. Dei concetti generali mi sembra superfluo parlare in quanto assolutamente condivisibili: si parla di persona nel suo complesso facendo distinzioni fra biomedicina/medicina e clinica/sanità. Comincia ad essere interessante quando esprime i concetti applicativi, differenziando la riabilitazione clinica, distinguendo fra gravità biomedica e gravità funzionale (fase iniziale di acuzie e post acuzie, possibilità di recidive), esprimendo il concetto di intensità di riabilitazione, distinguendo ancora cronicità, stabilità e intensità (come intensità delle cure riabilitative, durata e setting) con i relativi costi, fra malattia trascorsa, co-morbidità e interazione malattia/disabilità.

La parte più interessante riguarda la strategia attuativa: occorre distinguere casi nei quali necessita un’elevata intensità di cura specificamente riabilitativa (intensiva) dai casi che richiedono intensità di cure inferiore (estensiva). Occorre quindi definire il setting ottimale per la riabilitazione primaria. Distinguiamo quindi fra ‘livello intensivo ad alta complessità’ (Iac), livellointensivo‘ e livelloestensivo‘ (questi 3 livelli sostituiscono la riabilitazione specialistica, generale e geriatrica, di mantenimento utilizzati fino ad ora).

In questa stessa delibera sarebbero previste l’istituzione e le procedure riabilitative attuate di una Sdo riabilitativa, mentre oggi si codifica ancora utilizzando lo stesso criterio delle malattie acute (è passato un anno e mezzo ma tutto tace). Questa Sdo dovrebbe prevedere l’evento indice, la data di prenotazione della prestazione di ricovero riabilitativo, la diagnosi principale, le diagnosi secondarie. Il sub allegato C1 dell’allegato 3 definisce i requisiti specifici di accreditamento per i vari tipi di riabilitazione, distinguendoli in tecnologici assistenziali, tecnologici per l’esercizio terapeutico, organizzativi.

Naturalmente sono diversi a seconda del tipo di riabilitazione: più intensiva è l’attività, maggiore deve essere il tempo dedicato al paziente (ad esempio nelle Iac devono essere garantiti 500 minuti/paziente/settimana di Fkt, nella riabilitazione estensiva ne bastano 220).

Ora qual è il problema, se non si verifica la reale appropriatezza del setting riabilitativo? Che gran parte delle strutture riabilitative spinge verso le Iac che prevedono sì requisiti maggiori, ma a tariffe sicuramente più interessanti. La ‘convenienza‘ consiste nel fatto che la gran parte dei contratti nelle strutture private accreditate sono a rapporto libero professionale e quindi a costi molto inferiori (disparità pubblico/privato). Inoltre nel computo dei minuti di assistenza possono essere calcolate attività escluse dai livelli essenziali di assistenza (Lea) quali radar, ultrasuoni, ionoforesi, ecc.!

Tornando ai vari tipi di setting, quello che non mi convince è il mancato controllo dell’appropriatezza. Facciamo l’esempio di un ictus (caso frequente): può essere recente (trasferito da un reparto per acuti) e in questo caso può fare una riabilitazione intensiva (ma anche no, se le sue condizioni sono tali da non consentire un elevato affaticamento); oppure può essere pregresso (diciamo avvenuto 10 anni fa) con un grado di disabilità molto diverso fra un paziente e l’altro. Posso dare gli stessi minuti di assistenza, ma ha senso farlo per una persona relativamente disabile e con un discreta/buona autonomia? Non sarebbe necessaria solo se permangono gravi difficoltà? Ma come posso considerare l’appropriatezza, che mi consentirebbe di valutare quali risorse economiche impiegare?

Per quanto riguarda le tariffe in termini di giornata di degenza, si fa riferimento ai casi riconducibili alle Mdc 01 – 04 – 05 (ossia alle riabilitazioni neurologica, cardiologica e respiratoria). Ora, con determinati escamotage (ad esempio quale controllore andrà mai a verificare il reale grado di inabilità refertato con un elettromiografia, Emg?) possiamo ‘trasformare’ un Drg ortopedico in uno neurologico (quindi da non Iac a Iac)… Ha senso considerare un disturbo della deambulazione, ad esempio, con codifica neurologica solo perché il paziente presenta (?) una modesta neuropatia periferica? Conviene alla struttura perché i ricavi superano abbondantemente i costi, ma se non ho criteri più chiari e sensibili, come faccio a verificare l’appropriatezza? E infine, se non convenisse, perché ci sarebbe la corsa alle Iac?

La riabilitazione si presta molto a manovre più o meno corrette. Probabilmente la lobby è forte, avendo a che fare con pazienti diversamente abili. Solo la percezione del controllo reale sui pazienti, non sulle cartelle né tanto meno sulle Sdo, può ridurre il rischio di abuso.

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