Cittadinanzattiva, Action Aid e Slow Food chiedono al governo di cambiare le regole della ristorazione a scuola per definire meglio la qualità del servizio e la sicurezza, garantire la trasparenza delle gare d’appalto e ridurre il cibo che finisce nel cestino
“L’Italia non può più permettersi di buttare cibo, soprattutto nelle mense scolastiche dove si consumano 380 milioni di pasti l’anno, un fatturato di circa 1,3 miliardi di euro”. A lanciare l’allarme da “SpreK.O.”, la festa nazionale per la lotta agli sprechi, che si è svolta nei giorni scorsi alla rocca Albornoziana di Spoleto, è il vice segretario generale di Cittadinanzattiva, Anna Lisa Mandorino. Con Action Aid e Slow Food, di fronte ai preoccupanti dati sulle mense scolastiche, hanno lanciato la campagna “Italia, sveglia!”. Un’azione che interpella anche il governo al quale le tre organizzazioni hanno chiesto di rivedere le nuove linee di indirizzo per la ristorazione scolastica entro il prossimo 31 ottobre, data di chiusura di Expo 2015.
“Non vogliamo che l’esposizione universale passi – spiega Mandorino – senza lasciare un segno. Dall’indagine che abbiamo svolto emerge che solo in tredici regioni si utilizzano esclusivamente contenitori e stoviglie riutilizzabili. Nelle altre si adoperano sia contenitori riutilizzabili che mono uso, ad eccezione del Molise che predilige sempre l’usa e getta”. Gli occhi di Cittadinanzattiva si sono concentrati anche sui piatti dei ragazzi: “Secondi i referenti delle mense scolastiche– continua il vice segretario – lo spreco di cibo si aggira mediamente intorno al 13%. Fra gli alimenti che finiscono nel cestino ci sono le verdure (23%), la pasta (19%) e il pane (16%)”. In vetta alla classifica, invece, tra le pietanze più amate ci sono la pasta, la pizza, la carne panata e i bastoncini di pesce.
Un altro problema è quello dei luoghi: non sempre il locale adibito a sala pranzo presenta caratteristiche di sicurezza e qualità soddisfacenti. Non solo. Nell’11% dei casi l’ingresso presenta barriere architettoniche e nel 21% si sono riscontrati distacchi di intonaco e altri segni di infiltrazione di acqua e muffa”. Stiamo parlando di un problema che riguarda 2,5 milioni di bambini: basta pensare che in media ogni alunno nel ciclo della scuola dell’obbligo, consuma circa duemila pasti a scuola.
Da qui l’attenzione delle tre associazioni affinché nel ddl “Buona Scuola” fosse inserita la questione mense inizialmente dimenticata, come ha spiegato Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid: “All’articolo due siamo riusciti a inserire l’educazione alimentare nel piano dell’offerta formativa e l’indicazione che nelle mense scolastiche abbiano priorità l’inserimento di prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero”.
Ora, le tre associazioni puntano ad ottenere la revisione delle linee guida entro ottobre: “Vogliamo – sottolinea Francesca Rocchi, vice presidente di Slow Food – che si tenga conto di alcuni elementi, dalla partecipazione dei genitori e degli alunni nella definizione del servizio, alla trasparenza delle gare d’appalto”. Una prima risposta è arrivata a Spoleto dall’onorevole Anna Ascani della maggioranza del Partito Democratico, che ha garantito l’impegno ad approvare nei termini proposti i nuovi indirizzi.