“Ciao Terra! Riesci a sentirmi? Ciao Rosetta! Sono sveglio! Quanto tempo ho dormito?” “Ciao Philae! Hai fatto un lungo riposo, durato circa sette mesi. Abbiamo bisogno, prima di tutto, di verificare se sei in salute e abbastanza caldo”. “Tutto ok, Rosetta…Sono ancora un po’ stanco..è ora di tornate a lavoro…ci sentiamo più tardi”. “Sono felice di avere tue notizie, Philae! Ecco cosa sappiamo finora del tuo status…”
È con questo scambio di cinguettii via Twitter che gli scienziati della missione Rosetta danno al mondo la notizia che il primo manufatto dell’uomo sbarcato su una cometa – lo scorso 12 novembre sulla polvere fossile della bitorsoluta 67/P Churyumov-Gerasimenko – è ancora funzionante, e in grado di comunicare con la sonda madre.
Il lungo letargo è finito. Il segnale, proveniente dallo spazio profondo, a circa 305 milioni di chilometri dalla Terra, è stato, in realtà, ricevuto dal centro di controllo dell’European space agency (ESA) di Darmstadt, in Germania, alle 22.28 del 13 giugno. Ma se n’è avuta notizia solo oggi. Attraverso la navicella madre Rosetta, il lander Philae ha comunicato con la Terra per appena 85 secondi, grazie alla temperatura più alta che c’è adesso sulla cometa e alla maggiore quantità di luce solare. Un tempo sufficiente a far sobbalzare di gioia gli scienziati. Dalle prime analisi dei dati – 300 pacchetti, per il momento, ma nella memoria di Philae ne sono immagazzinati ancora altri 8000 da analizzare – sembra che il piccolo robottino sia sveglio già da qualche giorno.
La cometa si sta rapidamente avvicinando al punto di minima distanza dal Sole, il cosiddetto perielio, dove dovrebbe giungere in tarda estate. Lo dimostrano gli sbuffi di polvere e gas che sempre più numerosi si dipartono dalla sua curiosa superficie a forma di scamorza. Gli scienziati di Rosetta nei mesi scorsi avevano più volte tentato di mettersi in contatto con il piccolo lander, ma invano. I suoi strumenti erano troppo freddi, e i pannelli solari, ancora scarsamente illuminati.
Il primo sbarco dell’uomo su una cometa ha già fornito preziose informazioni sulle origini della Terra. Ma è stato tutt’altro che semplice. A causa del malfunzionamento degli arpioni di ancoraggio, la discesa di Philae è stata piuttosto rocambolesca, con diversi rimbalzi, che lo hanno portato alla fine sull’orlo di un precipizio debolmente illuminato.
Gli strumenti di Philae, tra cui un trapano italiano, hanno potuto funzionare solo tre giorni. Poi, a causa della penombra, i pannelli solari hanno cessato di fornire energia alle batterie, e il lander si è, così, ibernato. Un lungo letargo, che si è concluso oggi. Adesso, non resta che trovare il luogo esatto dello sbarco. Un lavoro complicato, che sta impegnando gli scienziati da mesi, in una certosina analisi delle immagini pixel per pixel.