Nei giorni scorsi la Commissione europea ha pubblicato i risultati di una lunga ed articolata indagine condotta – con il supporto delle Autorità nazionali, tra le quali la nostra Autorità antitrust – sul rispetto della disciplina vigente in fatto di garanzie per i consumatori da parte dei siti di e-commerce che vendono  telefoni cellulari, computers, fotocamere o tv e altri prodotti simili.

I risultati dell’indagine sono, in tutta Europa, poco confortanti.

Su 437 siti, complessivamente esaminati nei diversi Paesi Ue sulla base della loro popolarità tra i consumatori e delle segnalazioni ricevute dalla Autorità nazionali, infatti, in 174 siti è stata riscontrata la mancanza di un richiamo sull’esistenza della garanzia legale di conformità per i beni che, invece, la disciplina vigente esige sia chiaramente pubblicato e in 87 siti è stata rilevata una potenziale presentazione ingannevole delle garanzie commerciali, in relazione alla loro durata, l’estensione territoriale, il nome e l’indirizzo dell’impresa che presta la garanzia mentre in 76 non è risultato chiaramente affermato che i diritti del consumatore ad ottenere la garanzia prevista dalla legge non vengono meno in presenza di una garanzia commerciale.

Ciò che è emerso, nella sostanza, è che nella più parte dei siti di e-commerce oggetto di verifica il gestore o prova a “nascondere” il diritto dei consumatori alla garanzia di conformità dei beni acquistati o prova a confondere questi ultimi, proponendo loro l’acquisto di una garanzia commerciale, omettendo di ricordargli che hanno comunque diritto ad un’ampia garanzia legale del tutto gratuita.

Infine, 52 dei siti web esaminati contenevano informazioni incomplete o fuorvianti sull’indirizzo geografico, nome e identità del professionista o l’indirizzo e-mail.

A seguito delle verifiche, le Autorità nazionali, coordinate dalla Commissione Ue, hanno chiesto ai gestori dei siti “pizzicati” fuori legge di mettersi in regola, ottenendo, nell’82% dei casi una risposta positiva: le relative piattaforme, infatti, oggi rispettano le leggi. A navigare tra i dati oggetto dell’indagine, tuttavia, ne balza agli occhi uno assai poco lusinghiero per il nostro Paese. Sui 18 siti internet italiani operanti nel settore dell’e-commerce di elettronica di consumo, oggetto di indagine, infatti, neppure uno è risultato a norma, un risultato negativo eguagliato solo a Malta, Cipro ed in Finlandia dove, tuttavia, l’indagine ha riguardato un numero di siti decisamente più modesto.

Ma non basta.

Mentre, infatti, nel resto d’Europa, come si è anticipato, la media dei siti internet messisi in regola su richiesta delle competenti Autorità ha sfondato la soglia dell’80%, in Italia, le richieste e le diffide nella nostra Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato hanno ottenuto i risultati sperati solo nel 66% dei casi. Un risultato assai poco lusinghiero specie se confrontato con il 100% ottenuto in ben sedici Paesi e, in particolare, in Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Islanda, Latua, Lituania, Norvegia, Portogallo e Romania, nonché Slovenia, Svezia e Gran Bretagna.

Siamo, insomma, tra le pecore nere dell’e-commerce europeo in fatto di garanzie ai consumatori e, pare, che, i gestori dei nostri siti ne siano tanto orgogliosamente fieri da non pentirsi neppure quando la nostra Authority, gli chiede di mettersi in regola. E’ un fatto – al di là dei numeri e delle statistiche – estremamente preoccupante perché, evidentemente, la scarsa attenzione dei big dell’e-commerce italiano nel mercato dell’elettronica di consumo, che è uno dei settori trainanti nel commercio online, contribuisce in modo determinante nel relegare il nostro Paese sul fondo della classifica Ue dei cittadini che utilizzano internet per fare acquisti.

Se i gestori delle grandi piattaforme di e-commerce non aiutano i cittadini a sentirsi tranquilli e garantiti quando comprano online, non sorprende che il digital scoreboard della Commissione europea, racconti che solo il 35% dei cittadini italiani che usano internet, lo usi anche per fare acquisti online, contro una media nell’Unione del 65% e che il nostro Paese è ventisettesimo su ventotto in termini, appunto, di propensione dei consumatori a comprare online.

E pensare che, se solo si riuscisse a fare in modo che i consumatori italiani si sentano più tranquilli quando acquistano online, la piccola e media impresa italiana, potrebbe vendere ogni anno, beni e servizi per milioni e milioni di euro in più anziché essere spettatrice di una continua fuga di clienti verso le grandi piattaforme di altri Paesi dell’Unione.

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