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Le Iene, indagati Mirko Canala e Luigi Pelazza: “Se mi condannano voglio andare a Cesano Boscone anch’io”

"Non pensavamo di essere di fronte a uno che avrebbe realmente creato delle patenti perché in tal caso non avremmo pagato. Sapevamo che saremmo andati incontro a un reato abbastanza grave", ha detto Pelazza a FQ Magazine. "Adesso sappiamo di aver sbagliato, ma non l’abbiamo fatto con dolo. Quando in Capitaneria ci siamo accorti che era la patente era clonata come vera, abbiamo semplicemente fornito un aiuto alle forze di polizia e alla cittadinanza"

di Davide Turrini

Due inviati de Le Iene registrano la compravendita di patenti nautiche, ma finiscono accusati di concorso in corruzione. Ad aver rinviato a giudizio gli inviati del programma Mediaset, Mirko Canala e Luigi Pelazza, è la Procura della Repubblica di Napoli. Il servizio realizzato dai due giornalisti sulla compravendita e creazione di false patenti nautiche all’Ufficio marittimo di Pozzuoli (Na) senza effettuare o truccando il concorso per ottenerle, è andato in onda nel programma di Italia1 il 5 novembre 2011. Qui i due inviati vengono a conoscenza del trucco e pagano il titolare della scuola guida, Carlo Fiorito, per poi verificare la veridicità della patente, che oltretutto risulta essere fatta con tutti i crismi passando per vera: un atto per il quale, nonostante l’intenzione fosse quella di smascherare un processo di corruzione e non di beneficiarne personalmente, il GUP non ha voluto sentire ragioni.

“Il servizio incriminato comincia con una soffiata su un autoscuola che avvantaggiava le persone per ottenere patenti nautiche”, spiega Pelazza al FQMagazine. “Al primo incontro a cui abbiamo partecipato il titolare conferma che è così: può sapere le domande in anticipo, c’è chi gli passa il disegno della carta nautica, ecc… Al secondo incontro abbiamo alzato il tiro dicendo che non avremmo voluto fare il corso. Allora il tizio ci ha risposto che non c’erano problemi, se non volevamo farlo potevamo clonare la patente e ci spiega il meccanismo. Trovandoci a Napoli e pensando di avere di fronte un truffatore a cui diamo i soldi e poi lui ci rifila un pezzo di plastica al posto della patente siamo stati titubanti. Non pensavamo riuscisse a fare quello che ha fatto. Mica è una truffa di poco conto. Comunque decidiamo di pagarlo. Gli diamo 300 euro. La terza volta ritiriamo la patente. Andiamo alla Capitaneria di Pozzuoli e dall’atteggiamento che hanno gli ufficiali ci accorgiamo che è vera, quindi non gli lasciamo la patente perché capiamo che c’è qualcosa che non va, e Mirko va a consegnarla ai carabinieri”.

“Non avevamo di certo bisogno della patente nautica – continua Pelazza – io oltretutto ce l’ho e ho fatto l’esame delle “12 miglia per vela e motore”. Non pensavamo di essere di fronte a uno che avrebbe realmente creato delle patenti perché in tal caso non avremmo pagato. Sapevamo che saremmo andati incontro a un reato abbastanza grave. Come è successo altre mille volte, di millantatori ne trovi tanti. Eravamo preparati a fare chiusura ad un truffatore entrando in campo”.

Per essere accusati di concorso in corruzione basta la promessa di pagamento. Se il principio passasse saranno tempi duri per il giornalismo investigativo: “Stiamo facendo riunioni in redazione. Abbiamo tutti famiglia e figli, ma bisogna capire che strada prendere. Se mi condannano però voglio andare a Cesano Boscone anch’io come Berlusconi. Non ci era mai successo un caso del genere alla Iene. Certo agiamo sempre sul filo della legalità, ma abbiamo degli avvocati con cui ci confrontiamo di continuo. Solo quando ti trovi di fronte a queste situazioni immediate, dove non puoi scegliere e non hai tempo di valutare, rispondi sì, ok. Quando andremo dal giudice non diremo mai di non aver sbagliato. Adesso sappiamo di aver sbagliato, ma non l’abbiamo fatto con dolo. Quando in Capitaneria ci siamo accorti che era la patente era clonata come vera, abbiamo semplicemente fornito un aiuto alle forze di polizia e alla cittadinanza. E’ paradossale che alla fine paghiamo noi. Ora che facciamo? Un servizio tv col codice penale in tasca da consultare davanti al malfattore?”.

“Si rischiano 3-4 anni di pena – conclude l’inviato delle Iene che probabilmente andrà a processo già a settembre 2015 – Se mi condannano vado davvero ai servizi sociali. Comunque andremo in Appello e in Cassazione, ci difenderemo coi denti perché attenzione non perché siamo sicuri di non aver sbagliato, non siamo sicuri di aver sbagliato l’abbiamo documentato, vogliamo che il giudice capisca che eravamo in buona fede. Non siamo partiti con l’idea di andare lì e comprare una patente, questo deve essere valutato prima di ogni altra cosa”. Mirko Canale è un attore usato talvolta nei servizi delle Iene e non un inviato del programma. L’uomo è difeso dall’avvocato Carlo Taormina.

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