Il 20 giugno al Pan di Napoli, all’interno della mostra ROCK!5, sarà presentato Palepolitana, il nuovo disco di uno dei gruppi più importanti della storia del prog italiano, gli Osanna. Un album doppio, composto da inediti e dal disco manifesto della band, Palepoli del 1973, risuonato a distanza di quarant’anni. Palepolitana nasce dall’acronimo e fusione di Palepoli (nome storico della città di Napoli) e Metropolitana, famosa a Napoli per le straordinarie “stazioni d’arte contemporanea”. “È un atto d’amore – spiega il leader Lino Vairetti – per la città di Napoli. Un concept album per raccontare le sue peculiarità e le sue eccellenze”. Dialetto e lingua italiana si alternano tra rabbia e poesia. Riff graffianti e groove ossessivi, a metà strada tra i Black Sabbaht e i Ratm, e brani dal sapore jazz-rock come in, Santa Lucia, sono la colonna sonora di un viaggio surreale nelle viscere sacre della città. Nel disco non mancano momenti intimi e di riflessione come in, Made in Japan, dove la calda voce di Lino Vairetti ci ricorda di come il progresso non cancelli le nostre paure e contraddizioni. E proprio in Giappone, dove la band napoletana è famosissima, il 4 luglio presenteranno il disco, partendo con un tour, che li vedrà in giro per il mondo.
Palepolitana è un vero e proprio concept album. Come è nata la trama?
Partendo da leggende e da aneddoti, la trama è nata ispirandomi a Virgilio. Al posto della discesa negli inferi ho ipotizzato la corsa di un uomo androide in una carrozza della metropolitana che corre nelle oscure gallerie, nelle “vene della terra”, nelle viscere della Napoli sotterranea dove si manifestano presenze legate alla storia, alla poetica e agli umori di una città che poggia le sue radici nel passato e che vive ed esprime ancora oggi grandi valori universali. Un’esaltazione della napoletanità nei suoi più molteplici aspetti culturali, musicali, poetici, artistici e paesaggistici.
Nella copertina dell’album sono rappresentate quattro maschere di Pulcinella poste alle pendici di un Vesuvio in eruzione. Come nasce e qual è il suo significato?
Il Vesuvio e le maschere di Pulcinella sono simboli spesso considerati solo stereotipi iconografici da cartolina come la pizza, gli spaghetti e la sfogliatella. In realtà alcuni di questi simboli sono un patrimonio culturale e storico e ci identificano in tutto il mondo. La copertina è un mio lavoro multimediale che parte dalla scultura e dalla pittura, per arrivare attraverso la fotografia alla manipolazione digitale. La mia rappresentazione del Vesuvio in eruzione è simbolo di paura, ma anche di grande fascino nei confronti della natura maestosa ed imprevedibile. Le maschere multicolore rappresentano la vita con le sue contraddizioni. Non a caso però le due maschere a sinistra sono gialle e rosse, simboli dello stendardo napoletano, mentre lo stesso rosso a destra si unisce alle altre due maschere formando la bandiera italiana. Un accento significativo e forse concettuale dell’essere Made in Italy e Made in Naples.
Cosa ha rappresentato il prog a Napoli e cosa significa oggi?
Napoli tra il 1970 e il 1975 ha prodotto molti artisti nella scena prog internazionale. Oltre noi Osanna ci sono stati: il Balletto di Bronzo con il mitico Gianni Leone all’organo Hammond, Alan Sorrenti, Jenny Sorrenti (con i Saint Just), Tony Esposito, Il Cervello, Tullio De Piscopo (con i New Trolls Atomic System) e tanti altri minori. Oggi molti di noi continuano ancora su quel percorso, mentre altri hanno seguito altre strade. Il prog è diventato un genere “cult” a livello internazionale e questo ci ha dato la possibilità di rappresentare Napoli nel mondo.
Cosa resta del prog nella musica di oggi?
Le nuove generazioni, stanche di suonare “pop” fine a se stesso, stanno riscoprendo quei valori legati al piacere di suonare, comporre e creare spazi musicali qualitativi e non effimeri. In questo il prog è un riferimento preciso e tangibile. L’abbandono della forma canzone per dare sfogo alla creatività più pura senza limiti di tempo. I testi sono più poetici e si allontanano dalla facile retorica dell’amore e delle rivoluzioni sociali spesso cantate più per moda che per vero sentimento.
Il gruppo esiste da tanto com’è cambiato negli anni e chi siete oggi?
In 44 anni di vita ci sono stati tanti mutamenti. La meravigliosa formazione storica vedeva insieme a me e al chitarrista Danilo Rustici (insieme autori e compositori del gruppo) Elio D’Anna al Sax e flauto, Lello Brandi al Basso e Massimo Guarino alla batteria. Le formazioni successive che hanno meglio espresso la musica degli Osanna sono state quelle dell’album Suddance del ’78, la formazione un po’ travagliata dell’album Taka Boom e poi quella attuale che è davvero eccellente. Gennaro Barba alla batteria, Nello D’Anna al basso, Pako Capobianco alla chitarra, Sasà Priore al piano e tastiere e Irvin Vairetti voce e synth. Infine si aggiunge David Jackson che è più di uno special guest, ormai un Osanna a tutti gli effetti.
In una delle canzoni che chiudono il disco salutate Napoli cantando: “La mia città è bella da morire/La mia città somiglia anche a te/Sei tu l’orgoglio e l’uomo del futuro/Racconta al mondo l’eccellenza che c’è”. Quali sono le sue eccellenze?
Le eccellenze sono la cultura, la musica, l’arte, la poesia e la gente stessa. Le persone illuminate che hanno portato alto il baluardo di questa città. Napoli ha reagito sempre con orgoglio, coraggio e creatività a tanti eventi negativi che l’hanno messa alle corde e messa a dura prova. Basta guardarsi intorno: il golfo, il Vesuvio, le sue isole, le chiese, i castelli, il mare, il sole. Dire la mia città è bella da mostre, mi sembra la frase più ovvia del mondo, ma proprio per questo l’abbiamo voluta sottolineare senza alcun pudore.