Il governo di Matteo Renzi vuole cambiare i vertici della Cassa Depositi e Prestiti e conquistare un potere fondamentale. Ma potrebbe affidare a questa società finanziaria pubblica un compito nobile: quello di creare moneta, e quindi salvare l’economia italiana che ha bisogno di ossigeno monetario e creditizio.
La Cassa è l’unica grande holding finanziaria pubblica italiana: è controllata all’80% dal Ministero dell’Economia e dal 18,4% dalle Fondazioni bancarie (Cariplo, Fondazione San Paolo, Cariverona e altre). La Cassa utilizza il risparmio raccolto dalle Poste per finanziare imprese e amministrazioni pubbliche, e controlla aziende strategiche come Eni, Snam Terna, Fintecna, Sace. Nel 2014 il totale dei suoi attivi supera i 350 miliardi. E’ lo snodo fondamentale per l’intervento pubblico nell’economia.
Oggi la Cassa è guidata dal presidente Franco Bassanini e dall’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini. Il governo, evidentemente indispettito dall’autonomia mostrata da Bassanini e Gorno Tempini, vuole ribaltare l’attuale dirigenza ma non si comprende quali saranno i futuri indirizzi della Cdp guidata dai nuovi vertici che il governo vorrebbe nominare. Che cosa farà la Cdp nel futuro? Diventerà una banca d’affari per conto del governo Renzi? Non si sa.
E’ chiaro che i risparmi degli italiani, i risparmi versati sui libretti postali, non possono essere messi a rischio da attività finanziarie spericolate, o da salvataggi inutili in nome dell’italianità, come temono le Fondazioni.
Occorrerebbe però che anche in Italia si crei un protagonista pubblico ambizioso che indirizzi la politica industriale nazionale. In Francia e in Germania per esempio molte banche e aziende strategiche sono di proprietà dello Stato. Mentre in Italia i cantori del liberismo sfrenato, come Francesco Giavazzi, offrono le solite ricette: privatizzazioni a tutti i costi e cessione all’estero delle principali aziende italiane.
Ma, a parte la politica industriale, la Cassa Depositi e Prestiti potrebbe creare ed emettere una quasi-moneta sotto forma di obbligazioni a lungo termine garantite dallo Stato per realizzare lavori pubblici a livello locale e nazionale. Lo Stato potrebbe accettare le obbligazioni emesse dalla Cdp per il pagamento delle tasse e di ogni tipo di tariffa pubblica. Le obbligazioni verrebbero utilizzate dalla Cdp come mezzo di pagamento dei lavori pubblici. In questa maniera lo Stato e la Cdp emetterebbero titoli convertibili in euro che funzionerebbero da nuova moneta, e che, se emessi in quantità – decine di miliardi all’anno – a piccolo taglio, potrebbero ridare ossigeno all’economia nazionale. Senza però creare debito pubblico.
Infatti la Cassa Depositi e Prestiti ha una particolarità: pur essendo di fatto una banca statale, dal momento che è una società per azioni e che per il 20% è posseduta dalle fondazioni bancarie, sul piano giuridico e su quello contabile è considerata dall’Unione Europea e dall’Eurostat come un’azienda privata: può quindi emettere obbligazioni senza che queste siano conteggiate come debito statale.
I titoli Cdp, in quanto stabili e fruttiferi, e validi per pagare le tasse, potrebbero funzionare da moneta vera e propria, potrebbero essere scambiati e accettati come mezzo di pagamento (cioè, appunto, come moneta) da parte delle aziende e dei cittadini. Tutti potrebbero essere interessati a ricevere le obbligazioni della Cdp come mezzo di pagamento di merci e servizi. Anche perché con questi titoli si potrebbero pagare le tasse.
Con le obbligazioni Cdp lo Stato potrebbe finalmente aumentare la circolazione monetaria, attuare politiche espansive, e avviare una serie di importanti lavori pubblici a livello locale e nazionale in modo da creare occupazione e far ripartire l’economia. E la manovra si autofinanzierebbe nel medio e lungo termine grazie all’aumento del Pil che genererebbe.