Società

Non profit, stati di allucinazione

Dopo una notte agitata da una seria influenza intestinale che mi ha fatto dare di stomaco abbondantemente e passare la notte tra stati di veglia e pseudo-sogni, provo a trascinarmi in salone. E dal corridoio, in modo inquietante, sento le voci di Nelson Mandela e di Malala Yousafzai – sovrapposte – come in un quadro allucinatorio, voce roca e pastosa di Lui, netta e ragazzina di Lei. Eccoli – mi dico – forse è meglio se torno a letto e spengo il delirio.

Informatica e delirio hanno molti punti in comune. Semplicemente il computer si era riavviato da solo – e come sempre in modo non richiesto, salvando le impostazioni, tra cui i due bellissimi video che avevo selezionato come spunto per la didattica – decidendo di farli partire in contemporanea.

Un segno? In realtà è un po’ che vivo in stati di allucinazioni ‘non profit’: dove però le voci non sono quelle nobili di Mandela & Malala, ma le conversazioni dei farabutti Buzzi & Co. Che l’impulso al vomito me la danno ogni volta che apro il giornale da un po’ di mesi a questa parte.

Ho molti amici ‘cooperatori’ in pena, danneggiati come tutti noi a livello di immagine da questi quattro delinquenti che scrivono, riflettono e ribattono, come Gianfranco Marocchi (vedi la sua intervista su Vita Non Profit) che ci ricorda come non sia vero nel modo più assoluto che Buzzi era ‘a capo della cooperazione romana’ anche se alcune cooperative ‘dovevano scendere a patti’ con il suo strapotere – e sporcarsi (cosa comunque ingiustificabile).

Sarebbe come ‘cestinare’ l’intera Chiesa perché alcuni preti sono pedofili, o ‘i medici’ perché qualcuno di loro ha sbagliato un intervento.

Ma non voglio assolutamente minimizzare, anzi, penso alcune cose in modo netto.

1. Esiste da sempre un ‘humus’ di collateralismo clientelare-politico che anche se non illegale ‘piega’ una parte delle organizzazioni non profit alla politica Dobbiamo spingere noi innanzitutto verso una progressiva trasformazione del procurement dal meccanismo spesso perverso del bando per l’appalto dei servizi, a quello dei voucher (già più in uso al Nord Italia) e delle ‘competition’. Queste ultime consistono in concorsi per la proposizione di soluzioni innovative ed efficaci a problemi sociali significativi, secondo le logiche della ‘Social Innovation’, molto in uso in Uk grazie al prezioso lavoro di Nesta-l’Agenzia Non profit inglese specializzata). I cambiamenti nel “public procurement” potrebbe segnare la fine di tante rendite di posizioni clientelari e di molto non profit ormai esaurito. Per una maggiore trasparenza e riforma della pubblica amministrazione è fortemente impegnato ad esempio il Forum Pa.

2. Le cooperative sociali e molto non profit è ancora troppo legato alla ‘(sempre più magra) vacca pubblica’ e non si sa muovere in termini di social business e reperimento di fondi alternativi-integrativi al bando pubblico. Le Ong internazionali come Save the Children, Action Aid, Emergency ed altre, si basano molto più sul fundraising e questo garantisce loro più autonomia.

Uno scenario praticabile è che le Ong internazionali, più pulite, efficienti, piene di giovani attivisti puliti e motivati e sempre più legate al territorio anche in Italia, entrino nella gestione dei servizi di welfare, collaborando con la tanta parte di sociale sana del territorio, storicamente radicata. Segnalo su questo in particolare il lavoro sui territori di Action Aid, Oxfam Italia, Save The Children, Msf e tante altre, attive sia nelle emergenze locali (Msf proprio in questi giorni con i migranti a Roma).

Mi piace molto ad esempio il rapporto con i bambini nei quartieri meno abbienti di recente avviato da Save The Children con il Progetto ‘Illuminiamo il Futuro’ – i Punti Luce. Presidiare il territorio come il non profit fa in tanti quartieri di svantaggiati, valga per tutti Napoli ad es. con Maestri di Strada è vitale.

3. Nel nostro settore, i fini non possono giustificare i mezzi. I ‘valori’ sono trasversali sia ai fini che ai mezzi. I giovani guardano ormai quasi solo alle Ong e snobbano le cooperative, sempre più anziane nella loro membership, con una capacità di innovazione dimezzata dagli inizi e spesso incapaci di comunicare passione.

Credo che la riflessione nel nostro settore debba essere più spietata, sia a livello culturale che operativo. Ripartire dalla formazione non solo manageriale ma anche dall’innovazione dai valori ed in modi non negoziabili, ripartendo dalle nostre ‘convinzioni’ prima che dagli “interessi”.

Secondo lo storico detto John Stuart Mill: “La forza di una persona con una convinzione è uguale a quella di 99 persone che hanno solo interessi.” Se vuoi puoi anche approfondire in modi specialistici temi del non profit sul ‘blog4change’ di Asvi Social Change.