L'esito della consultazione, promossa dal partito dei Verdi per porre fine al problema del dumping sociale dei lavoratori frontalieri, potrebbe sollevare un problema di incompatibilità tra costituzione cantonale e quella federale
Con il 54,7% di elettori favorevoli, nel Canton Ticino lunedì 15 giugno è passato il referendum sul salario minimo promosso dai Verdi locali con lo slogan “Salviamo il lavoro in Ticino“. D’ora in poi i lavoratori delle aziende che operano nel cantone di lingua italiana dovranno, per legge, guadagnare almeno 3mila euro netti al mese in busta paga. La novità dovrà essere inserita nella Costituzione cantonale.
L’esito del referendum, per certi versi, è stato una sorpresa. Solo nel maggio 2014, infatti, gli stessi ticinesi avevano votato no (68% dei cittadini aveva espresso parere contrario) alla misura, proposta a livello federale dalla sinistra e dai sindacati, di un salario minimo di 4mila franchi.
Con l’approvazione del referendum i ticinesi hanno scelto di porre fine al problema del dumping sociale dei lavoratori frontalieri, in stragrande maggioranza italiani, praticato in particolare dalle aziende straniere. La pratica attuata dalle aziende estere, in particolare da quelle italiane, di assumere dipendenti frontalieri sottopagandoli aveva fatto esplodere la protesta. Dopo il voto popolare, ora è il governo federale che dovrà concretizzare l’esito referendario. Non senza un possibile problema di compatibilità tra la costituzione ticinese e quella federale.