Cinema

Unfriended, l’horror ai tempi di Skype e dei social network è un teen-movie da record in Usa

Costato all’indipendente Blumhouse Production poco più di un milione di dollari, il film ha ricavato dopo due mesi in sala negli Stati Uniti ben 44 milioni di dollari, con quasi 16 milioni di dollari d’incasso solo nel primo weekend, cifra che inserisce il film nella top ten dei migliori esordi di genere

di Davide Turrini

Una sessione di gruppo su Skype tra cinque ragazzi, un utente sconosciuto che si insinua misteriosamente online, e la ricorrenza del suicidio di una compagna immortalato un anno prima su Youtube. Social network e software informatici diventano definitivamente e totalmente protagonisti di Unfriended, il nuovo horror firmato Universal, una delle grandi major hollywodiane che sta rilanciando produzioni low budget orrorifiche con il proprio imponente appoggio distributivo.

Scrittura, recitazione e senso del film, che esce sugli schermi italiani il 18 giugno 2015, convergono sull’unica inquadratura dell’opera firmata dal georgiano Levan Gabriadze dove i bordi dello schermo coincidono con la cornice del pc dei sei protagonisti, in una sorta di soluzione stilistica da infinito screencasting. Così solo e sempre dentro ai monitor dei ragazzi, in cui sono aperte pagine Facebook, Instagram, o la classica schermata con stringa vuota per la ricerca di informazioni sul web, si svolge una resa dei conti tra apparenti amici: ognuno con segreti da nascondere subito scoperchiati e resi noti agli altri dallo stalker digitale che dice di essere la ragazza loro amica uccisasi inspiegabilmente un anno prima, e che vuole vendicarsi facendoli fuori uno per uno.

Un po’ cyberbullismo postscolastico, un po’ teen-movie dal sadismo del cast di Carrie – Lo sguardo di satana, Unfriended rilancia l’ipotesi dell’horror come genere a basso budget che può mettere in moto un redditizio principio di moltiplicazione degli incassi. Costato all’indipendente Blumhouse Production poco più di un milione di dollari, Unfriended ha ricavato dopo due mesi in sala negli Stati Uniti ben 44 milioni di dollari, con quasi 16 milioni di dollari d’incasso solo nel primo weekend, cifra che inserisce il film nella top ten dei migliori esordi di genere horror. La Blumhouse Production di Jason Blum è nata nel 2000 ma ha già prodotto successi commerciali dell’orrore come Paranormal Activity, Insidious e Sinister. Allo stesso tempo è artefice della coproduzione di uno dei titoli sorpresa degli Oscar 2015: Whiplash. Assieme a Blum per produrre Unfriended si è messa la Bazelevs Company del regista Timur Bekmambetov, autore di thriller/horror di straordinaria levatura come Night watch e Wanted, che ha voluto il giovane Gabriadze dietro la macchina da presa del film.

L’elemento innovativo e decisivo sia a livello espressivo che produttivo, ciò ha reso peculiare la visione di Unfriended, è l’idea di scegliere un’unica soluzione visiva che è diventata un’unica unità di luogo sul set: tutti e sei i protagonisti ripresi nello schermo delle proprie chat o nell’atto di agire sui social hanno girato nelle stanze di una sola casa. “Il modo più logico di girare un film che si svolge fra sei stanze in sei rispettive case, era utilizzare un’unica location”, hanno spiegato i produttori del film. “Abbiamo cercato un posto con stanze separate per ogni attore, abbastanza capiente per contenere anche la troupe. Per creare l’illusione di sei case diverse, nella cittadina fittizia dove abitano i ragazzi, ogni stanza doveva avere il suo stile. Non avremmo mai ottenuto il livello di veridicità se non fossimo stati tutti insieme, perché quando ci sposta da una location all’altra, gli attori escono dai loro personaggi e dallo spazio mentale di cui hanno bisogno”.

Un po’ come accadde per un altro inatteso successo commerciale horror girato a bassissimo budget, Paranormal Activity di Oren Peli, ambientato in due abitazioni: una per il primo piano e una per le scene a pianterreno. A farne bonariamente le spese è stata la figura omicida del film, Jacob Wysocki: “Mentre tutti gli altri lavoravano all’interno di quella casa bellissima, con l’aria condizionata, io ero relegato  in una casupola in cortile, che avevamo denominato ‘cella di punizione’ – ha raccontato l’attore – C’era pure un nido di uccelli, nella casetta, che però non si poteva rimuovere perché conteneva degli uccellini appena nati. Devo dire che non mi è andata bene come agli altri”.

Il trailer

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