La sua colpa è quella di non essersi arreso alla tragedia del 22 novembre 2008 quando il tetto del liceo “Darwin” di Rivoli, in provincia di Torino, gli è crollato addosso lasciandolo paralizzato. Andrea Macrì, originario della Locride ma da sempre in Piemonte, è stato più fortunato del suo compagno di banco, Vito Scafidi, che ha perso la vita e per cui la famiglia è stata risarcita con due milioni di euro. Per l’incidente sono stati condannati alcuni funzionari della Provincia di Torino ritenuti colpevoli del crollo che ha reso paraplegico Andrea. Nel 2010 il ministero dell’Istruzione gli aveva assegnato una borsa di studio che, però, due anni fa è stata revocata perché il giovane si è dedicato troppo allo sport tanto da partecipare per ben due volte alle Paralimpiadi, conquistando pure la medaglia d’argento al mondiale di Catania, nel fioretto a squadre, e quella di bronzo nella Coppa del mondo di fioretto del 2014.
Impegni sportivi che, piano piano, gli hanno consentito di abbandonare la sedia a rotelle e, a fatica, camminare con un tutore e una stampella. Dall’altra parte, però, ha rallentato gli studi pur non lasciando mai l’università. Una scelta obbligata per continuare ad allenarsi.
Lo stesso Stato, quindi, che gli aveva concesso la borsa di studio (dopo il crollo del tetto della scuola), gliel’ha revocata. Da un paio di anni, infatti, il ministero dell’Istruzione non ha più elargito ad Andrea Macrì le somme che erano state concordate per il suo percorso universitario.
“Questa borsa di studio era legata al conseguimento degli esami. – spiega il campione paralimpico – Non c’è l’ho fatta con i tempi perché mi allenavo anche 10 volte la settimana, ero sempre fuori per i raduni e i mondiali. La cosa brutta è che io non sono stato assolutamente avvisato da nessuno sul fatto che sarebbe stata interrotta. Mio padre ha cercato di telefonare molte volte nell’ultimo anno per avere delle spiegazioni. È stato sempre rinviato fino a quando ha rilasciato la prima intervista ai giornali. Dopo quattro ore che era uscito l’articolo hanno contattato mio padre e nei prossimi giorni dobbiamo andare a Roma per incontrare, non il ministro, ma il sottosegretario all’Istruzione. Mi auguro che si possa trovare una soluzione. Vengo convocato adesso quando dovevano farlo almeno due anni fa”.
La sensazione è quella di essere stato preso in giro: “Siamo passati da un atto di sensibilità – aggiunge Andrea Macrì – a un atto di ignoranza nei confronti della situazione. Mi sono sentito messo da parte. Mi sono sentito come un foglio sulla scrivania finito sotto altri fogli. Non ho mai chiesto nulla a nessuno. Sono stati stanziati questi soldi. Sanno che ho fatto due Paralimpiadi nel giro di 4 anni, non ho fatto altro che rappresentare l’Italia ovunque. Sono colpevole di non essermi rassegnato al fatto che quel crollo mi ha reso paraplegico. Quei soldi mi servivano anche per allenarmi perché comunque lo sport paralimpico non è pagato. Faccio parte del gruppo sportivo delle ‘Fiamme oro’, quindi della polizia di stato, ma noi paralimpici non prendiamo una lira perché non possiamo essere arruolati. Per cui quei soldi mi servivano per la mia attività sportiva”.