La Commissione ha scritto al governo sottolineando che per lo stop al cosiddetto anatocismo, previsto dalla legge di Stabilità 2014, serviva un provvedimento attuativo che non è mai arrivato. Di conseguenza "portata e applicazione concreta" sono nebulosi. In più i tecnici della divisione stabilità e servizi finanziari notano che "nessun Paese Ue prevede un divieto simile"
Dalla fine di aprile diverse banche attive in Italia hanno iniziato a comunicare ai correntisti di aver sospeso l’applicazione degli interessi sugli interessi, il cosiddetto anatocismo. Come previsto dalla legge di Stabilità 2014 per mettere fine a un fenomeno che continuava sottotraccia nonostante una sentenza della Corte costituzionale ne avesse sancito l’illegittimità. Ma ora da Bruxelles arriva una richiesta di chiarimento al governo italiano che solleva dubbi sulla portata di quella norma, fortemente sollecitata dalle associazioni dei consumatori secondo cui lo scorso anno l’anatocismo ha fruttato agli istituti di credito 2 miliardi di proventi.
La divisione stabilità e servizi finanziari della Commissione Ue ha infatti inviato a Roma una lettera in cui nota che la legge approvata a fine 2013, nel modificare la normativa sull’anatocismo, rinviava a un provvedimento attuativo del Comitato interministeriale credito e risparmio (Cicr), l’organismo del Tesoro responsabile dell'”alta vigilanza” su credito e risparmio. Ma quel provvedimento non è ancora stato varato. “Alcuni Tribunali italiani hanno considerato direttamente applicabile tale divieto. Tuttavia la portata e la sua applicazione concreta in specifiche operazioni bancarie restano poco chiari”, scrivono i tecnici. Infatti in aprile il Tribunale di Milano ha accolto le domande di inibizione dell’anatocismo sui conti correnti proposte dal Movimento Consumatori imponendo a Ing Bank, Banca Popolare di Milano e Deutsche Bank di “cessare ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi e ogni pratica anatocistica”.
La Commissione conclude sottolineando che la capitalizzazione degli interessi, “in particolare in operazioni come l’apertura di credito in conto corrente, è pratica comune in tutti gli Stati membri, nessuno dei quali prevede un divieto simile”.