Innovazione pedagogica, trasformazione dello spazio didattico, ripensamento del curricolo in chiave globale, rinnovamento organizzativo e didattico per fare della scuola una “comunità di ricerca”.

Purtroppo non parliamo del contestato, e momentaneamente arenato, Ddl scuola renziano ma di un’esperienza che dimostra che la riflessione sull’istruzione può essere qualcosa di più stimolante che il solo ragionare di assunzioni, scatti di carriera, meritocrazia e super-preside.

Senza Zaino, progetto ideato dall’Irre Toscana e diffusosi in tutta Italia, parte da una semplice domanda: è possibile una scuola dove lo zaino non è al centro della formazione? Sì, se gli ambienti sono ben organizzati, con tavoli, angoli, pedane, mobili a giorno, archivi, pannellature. Sì, se nelle classi c’è tutto il materiale necessario per diverse discipline didattiche, per scrivere, ascoltare, disegnare e dipingere, modellare e costruire, registrare e riprodurre.

Sì, se gli alunni usano carta e penna, ma anche legno, cartone, creta, sabbia, tessuti, colori, ferro, materiali da riciclare. Sì, se studiano sui libri ma anche maneggiando provette, facendo esperimenti scientifici e osservando la natura. L’intervento pedagogico di Senza Zaino si basa sul metodo dell’Approccio Globale al Curriculum (Global Curriculum Approach) e sull’autonomia dell’alunno che genera competenze, sul problem solving che alimenta la costruzione del sapere, sull’attenzione ai sensi e al corpo che sviluppa la persona intera e agli spazi che genera autonomia e sulla co-progettazione che rende responsabili docenti e alunni.

Le parole chiave sono tre: responsabilità, comunità e ospitalità. Gli studenti si assumono la responsabilità del proprio apprendimento. Utopico? Riferendoci al costruttivismo di Piaget, secondo il quale il sapere non si trasmette passivamente ma è frutto dell’azione responsabile del soggetto, l’affermazione vede una sua verifica pratica nel progetto. La classe di Senza Zaino è un “ufficio” nel quale ognuno sa quello che deve fare, perché viene concordato nell’incontro di inizio mattina, sulla base di un portfolio personale che detta gli obiettivi da raggiungere.

Comunità perché l’apprendimento avviene nella relazione. Così al lavoro individuale si aggiunge quello di gruppo, insieme ai fondamentali momenti dell’“agorà”, discussione collettiva nella quale l’insegnante tiene banco, e dell’“assemblea”, occasione durante la quale si prendono decisioni importanti che vede la partecipazione di tutti gli alunni, con opinioni e voti.

L’insegnante Senza Zaino è formato in maniera specifica a creare autonomia e per raggiungere tale scopo non eccede nel linguaggio verbale ma predilige l’uso di diversi linguaggi, del corpo e della mimica, musicale e iconico, manipolativo e immaginifico, digitale e teatrale.

L’ospitalità, infine, è chiara con l’organizzazione dell’aula. C’è cartellonistica e segnali, non c’è la cattedra, ma gli spazi sono divisi, il modello è un ufficio “open space” che favorisce un contemporaneo lavoro di diversi gruppi, anche di tipo molto diverso (laboratoriale, multimediale, …). Nelle scuole Senza Zaino diventano fondamentali ai fini didattici gli spazi esterni, corridoi, atri e giardini.

Il sito www.senzazaino.it ospita all’interno tantissime informazioni sullo sviluppo dell’ormai decennale progetto e sulla sua linea pedagogica, oltre a report di momenti formativi e linee guida per presidi e insegnanti che vogliono aderire a un progetto ambizioso, complesso ma dai risultati davvero sorprendenti.

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