I nuovi milionari a livello mondiale sono cresciuti nel 2014 di quasi un milione di persone, precisamente 920mila, toccando la cifra record complessiva di 14,6 milioni di persone che possono contare 56mila miliardi di dollari di patrimoni totali. A rivelarlo è il rapporto World Wealth Report 2015 pubblicato da Capgemini e da Royal Bank of Canada wealth management. I nuovi ricchi (in gergo High net worth individuals, Hnwi) aumentano soprattutto nell’area dell’Asia-Pacifico (+11%) e in Nordamerica (+9%), ma anche l’Italia ha visto crescere i Paperoni del 7,7%: lo scorso anno gli italiani che potevano contare su più di un milione di dollari erano 218.900, contro i 203.202 dell’anno precedente.
Secondo la ricerca la crescita dei ricchi, che a livello globale è stata del 7% è dipesa dal miglioramento della situazione economica e dalle buone performance del mercato azionario. In ogni caso, l’aumento è stato solo della metà rispetto a quello registrato nel 2013. L’altro dato che spicca è che la distribuzione della ricchezza nel mondo è sempre più ineguale: il 42% della ricchezza mondiale è concentrato nelle mani dell’1% delle famiglie (dato 2014). E i super ricchi, quelli con patrimoni superiori ai 100 milioni di dollari, sono cresciuti a doppia cifra nel 2014 (+11%). Da soli detengono il 6% della ricchezza globale, 10mila miliardi di dollari.
I nuclei familiari che detengono grandi patrimoni sono 17 milioni e 400mila (il 14% in più del 2013) e abitano sempre più spesso a Pechino e Mumbai. Con 47.300 miliardi di dollari di patrimoni gestiti su 164mila miliardi a livello globale, infatti, l’Asia-Pacifico (escluso il Giappone) si afferma come la seconda macroregione nella classifica stilata dal Bcg e, secondo le stime, nel 2019 sarà l’area con i patrimoni maggiori, staccando Vecchio e Nuovo Mondo (75.100 miliardi di dollari contro i 62.500 miliardi del Nordamerica e i 49 miliardi dell’Europa Occidentale).
Per quanto riguarda l’Europa, il numero degli Hnwi e il loro patrimonio è cresciuto solo del 4%. La motivazione di un dato così basso, stando a quanto riportato dallo studio, è che il Vecchio Continente ha sofferto più degli altri le “scarse performance economiche e la contrazione dei mercati azionari”.