“Vorrei dire una cosa con molta franchezza: non c’è alcun rischio che slittino le procedure di assunzione del personale che lavorerà con noi alla formazione dei ragazzi da settembre 2015”. Era il 4 marzo scorso e il premier Matteo Renzi presentando alla stampa il testo del Disegno di Legge licenziato dal consiglio dei ministri, assicurava i precari stile #Lettastaisereno. Nei giorni precedenti parlamentari Pd, renziani e non, e il ministro si erano uniti per convincere Renzi a ripensarci e rimettere in campo un decreto nella riforma della scuola, per dare il via al piano di assunzioni straordinarie di 120mila insegnanti da settembre. Ma il premier era stato irremovibile: niente decreto, la riforma va tutta trasposta in un Ddl da affidare alla responsabilità del Parlamento.

Nella stessa giornata il ministro del Lavoro Giuliano Poletti assicurava che in ogni caso ce l’avrebbero fatta: “La mia opinione, quella del Presidente del Consiglio e anche quella del ministro competente è che il tema delle assunzioni dei precari vada risolto entro i termini che sono previsti per poter far lavorare le persone nel prossimo anno scolastico”, cioè entro settembre. “Se è possibile ottenere questo risultato con un voto del Parlamento, benissimo, se non dovesse essere possibile, abbiamo altri strumenti e li useremo”.

Il voto fatica ad arrivare, i tempi sono slittati ma di altri strumenti non sembrano parlare. Convinta e pronta ad illudere gli italiani anche il ministro Stefania Giannini che il 23 aprile scorso dichiarava: “Non ci sarà bisogno di un decreto” per assumere i 100mila docenti precari. “Sono fiduciosa”: il ddl “La Buona scuola” sarà approvato in tempo dal Parlamento e i neo assunti saranno in cattedra a settembre. Non ci voleva un grande intuito politico per comprendere che Renzi avrebbe addossato la responsabilità al Parlamento del fallimento del Ddl “La Buona Scuola”.

Già in una mia intervista (al minuto 12) di qualche mese fa all’ex ministro Maria Chiara Carrozza, annunciavo questa fine. E la Carrozza non smentiva. Ora il premier, il 16 giugno (ormai troppo tardi per ogni ufficio scolastico) dal salotto di “Porta a Porta” liquida 100mila persone con qualche frase: a causa “delle scelte che ha fatto l’opposizione di bloccare la discussione, fisiologicamente le assunzioni non si possano fare per settembre. Quest’anno con tremila emendamenti mi pare difficile che si assumano… Si andrà al prossimo anno”.

Nessuna lavagna, nessuna conferenza stampa stavolta. Solo un ricatto. Lo spiega bene la relatrice del Ddl al Senato, Francesca Puglisi sul “Corriere della Sera” di oggi: “Lo slittamento è una scelta obbligata. Con cinquemila emendamenti alla Camera e tremila al Senato, le opposizioni si assumono la responsabilità di far saltare le assunzioni: far slittare la discussione oltre la fine di giugno significa andare fuori tempo massimo per portare a casa le assunzioni, i tempi del governo erano altri. Il governo prevedeva l’approvazione entro la metà di giugno, con tutti questi emendamenti i tempi si sono allungati. Perciò domattina (questa mattina, ndr) in commissione proporrò a tutti i colleghi, dell’opposizione e della minoranza pd, di ridurre in modo drastico il numero di emendamenti per procedere speditamente. Se non fosse così le opposizioni devono prendere atto della situazione. L’allarme del presidente del Consiglio non è una minaccia, ma un dato di fatto: andare oltre la fine di giugno farà saltare le assunzioni, serve una prova di responsabilità da parte di tutti. Niente decreto ad hoc. Perché la Buona Scuola non è l’assunzione dei precari: per cambiare la scuola italiana non basta assumere centomila persone, c’è un progetto di riforma dietro, in cui noi continuiamo a credere, ma la bagarre politica è solo sui problemi degli insegnanti e si dimenticano gli studenti, il vero punto centrale di questa riforma”. Assunzioni? Non sarebbe un rinvio sine die, non credo cambi molto spostare di un anno la stabilizzazione per persone che avevano una prospettiva di anni di precariato”.

Non cambierà alla Puglisi ma alle migliaia di precaria cambia, eccome! I tempi e i modi per fare un decreto assunzioni sganciato dal Disegno di legge c’erano. Renzi non ha scelto questa strada perché aveva un piano: fare Ponzio Pilato, lavarsi le mani, lasciare al Parlamento la responsabilità del fallimento. Se veramente avesse a cuore la scuola, ora, adotterebbe quegli strumenti evocati dal ministro Poletti. Ora tocca a noi twittare uno #staisereno al premier.

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