Lavoro & Precari

Jobs act, al via novità su collaborazioni: da stop ai co.co.pro a stabilizzazioni

Il decreto sul riordino dei contratti non tocca quelli in essere ma dal 2016 prevede la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato di tutte le prestazioni "esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente". Potranno sopravvivere le collaborazioni per le professioni che richiedono l'iscrizione ad albi, i call center, gli amministratori di società

Via libera definitivo alle novità sulle collaborazioni previste dal Jobs act. Approvato dal Consiglio dei ministri, il decreto attuativo sul riordino dei contratti è all’esame del presidente della Repubblica e sarà poi in vigore a tutti gli effetti. Le novità apportate dalla legge, tuttavia, prenderanno piede in due momenti: le prime misure saranno operative da subito, altre saranno applicate a partire da gennaio 2016.

Stop a nuovi co.co.pro – La fase uno avrà inizio con l’entrata in vigore del decreto. Subito dopo la firma di Sergio Mattarella scatterà il blocco dei co.co.pro.: per i datori di lavoro, non sarà più possibile attivare nuove collaborazioni a progetto. I contratti in essere, tuttavia, non saranno toccati dalla norma e continueranno ad esistere fino alla loro naturale scadenza.

Sanatoria per le conversioni a tempo indeterminato – L’1 gennaio 2016, invece, scatterà la fase due. Innanzitutto entrerà in vigore la sanatoria che intende incentivare il passaggio da co.co.co, co.co.pro. e partite Iva a contratti a tempo indeterminato. I datori di lavoro, infatti, potranno godere della “estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro regresso”. Insomma, un rapporto subordinato mascherato da collaborazione potrà essere sanato senza conseguenze per l’imprenditore. A due condizioni. Per prima cosa, il lavoratore dovrà firmare un “atto di conciliazione” con il quale rinuncia a pretese riguardo alla precedente posizione di lavoro. Da parte sua, però, l’imprenditore non potrà licenziare il dipendente durante il primo anno di attività, salvo che per motivi disciplinari.

Da gennaio al via stretta su collaborazioni “mascherate” – Sempre dal 2016, una serie di attività che prima ricadevano nel calderone delle collaborazioni saranno ricondotte nel recinto del lavoro dipendente. Nel dettaglio, si parla di quelle prestazioni di lavoro “esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Insomma, da gennaio le imprese sono avvertite: non potranno più portare avanti collaborazioni “mascherate”, dove il lavoratore svolge la sua attività in azienda secondo orari decisi dalla società. In tal caso, il collaboratore potrà fare causa davanti al giudice e chiedere l’assunzione o, in caso di licenziamento, il trattamento riservato ai dipendenti subordinati. La regola non varrà solo per i nuovi contratti, ma anche per quelli in essere. Per esempio, se una falsa collaborazione scade a febbraio 2016, l’azienda dovrà regolarizzare la posizione del lavoratore se non vorrà rischiare di incorrere nella sanzione del tribunale.

Quando non si applica la stabilizzazione – Ma attenzione alle eccezioni. Esistono alcune specifiche attività che continueranno a sopravvivere come collaborazioni. Innanzitutto, si parla di quei rapporti di lavoro disciplinati da contratti collettivi, come il settore dei call center. Poi, ci sono tutte quelle professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione agli albi, come giornalisti, architetti, avvocati. Lo stesso discorso vale per gli amministratori di società, i sindaci di controllo e chi collabora per fini istituzionali con le società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni. A questi lavoratori va aggiunto l’esercito dei co.co.co. del settore pubblico, che in attesa della riforma del comparto non potranno essere stabilizzati almeno fino al 1 gennaio 2017.

Infine, azienda e lavoratore possono accordarsi per preservare la natura di collaborazione del proprio rapporto. Le parti dovranno farsi certificare l’assenza dei requisiti di etero-organizzazione dalle cosiddette commissioni di certificazione, che possono avere sede presso direzioni territoriali del lavoro, consulenti del lavoro, università. In questo caso, il lavoratore può farsi assistere da un sindacalista, un avvocato o un consulente del lavoro.