In una nota il dicastero del Lavoro dice che chi lavora deve essere informato altrimenti “i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno disciplinare”. Ci deve essere poi un accordo sindacale e non deve essere un controllo fine a se stesso, ma attuato per determinati fini. Ma Camusso controbatte: "E' spionaggio"
Il lavoratore deve essere informato sull’esistenza d’uso delle apparecchiature di controllo a distanza e sulle modalità di effettuazione dei controlli. Altrimenti “i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno disciplinare”. A chiarirlo è il ministero del Lavoro, in una nota sui decreti attuativi del Jobs Act, dopo le polemiche seguite alla notizia secondo cui computer tablet e smartphone dei lavoratori potranno essere controllati dai datori di lavoro. E sulla base dei dati raccolti, l’impresa potrà prendere provvedimenti disciplinari.
“Serve un accordo e ci devono essere determinati fini”
La nota chiarisce diversi punti della norma: innanzitutto non ci potrà essere alcun controllo senza un precedente accordo sindacale o un’autorizzazione “della Direzione territoriale del lavoro o del ministero”. Gli stumenti utilizzati su tablet, pc e smartphone poi, non devono assolvere la funzione di controllo fine a se stesso, ma “possono essere installati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale“. Che il controllo non sia fine a se stesso è ribadito dal ministero: “Non si autorizza nessun controllo a distanza. Si chiariscono solo le modalità per l’utilizzo degli strumenti tecnologici impiegati per la prestazione lavorativa ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti con questi strumenti”.
“Il lavoratore sarà informato sulle modalità e non ci sarà violazione della privacy”
Nessun controllo vero e proprio a distanza che vada contro la privacy del lavoratore dunque, perché “il nuovo articolo 4 rafforza e tutela ancor meglio rispetto al passato la posizione del lavoratore, imponendo che al lavoratore venga data adeguata informazione circa l’esistenza e le modalità d’uso delle apparecchiature di controllo (anche quelle, dunque, installate con l’accordo sindacale o l’autorizzazione della DTL o del ministero)” e, per quanto più specificamente riguarda gli strumenti di lavoro, “che venga data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità di effettuazione dei controlli, che, comunque, non potranno mai avvenire in contrasto con quanto previsto dal Codice privacy”.
“Ci si limita solo ad adeguare le norme dello Statuto dei lavoratori alle innovazioni tecnologiche”
Quello che si limita a fare la norma, secondo il ministero, è “adeguare la normativa contenuta nell’articolo dello Statuto dei lavoratori alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute ed è in linea con le indicazioni che il garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni”.
Camusso: “E’ spionaggio contro i lavoratori”
Il segretario della Cgil Susanna Camusso però non è d’accordo e ha ribattuto dicendo che la norma sul controllo a distanza è “spionaggio contro i lavoratori” e “grande fratello”. ” Sono molto preoccupata – ha spiegato – siamo di fronte a un’idea della vita della persone sconvolgente che impedisce al lavoratore di essere libero”. E infine rincara la dose: “E’ evidente che ci sia un abuso rispetto alle norme sulla privacy delle persone”.