“Uruguay will never again use oil to generate electricity”
Ramon Mendez, fisico, Direttore Nazionale dell’Energia dell’Uruguay
L’Uruguay è un paese di 3.2 milioni di abitanti che non ha riserve petrolifere. E’ anche un paese dove, nonostante ciò, siamo vicini all’indipendenza energetica. Fino a dieci anni fa il paese importava petrolio dal Venezuela, dall’Iran, dal Brasile, dall’Ecuador. Poi, hanno deciso di diventare green. Un mix di orgoglio nazionale, di economia traballante se lasciata allo status quo, e di investimenti intelligenti. Nel giro di dieci anni sono arrivati all’84% di energia rinnovabile nel 2014 secondo dati ufficiali del Ministero dell’Industria, Energia e Miniere del paese. Uno strabiliante 84% in dieci anni. Da dove arriva questa energia? Dal solare, dall’idroelettrico, dalle biomasse agricole e dal vento. Tutto fatto in casa. Alla base di tutto una parola sconosciuta a tutti i governanti italiani degli scorsi trent’anni: la programmazione. Nei primi anni 2000, il paese ha messo su la cosiddetta “Politica Energetica per il 2005-2030” approvata dal Presidente Tabaré Vasquez e appoggiata da tutte le formazioni politiche del paese. Tutte.
Da qui è partito un enorme progetto nazionale per creare energia pulita sul suolo domestico e che ha avuto altrettanto successo. Ogni anno il paese ha investito il 3% del suo Gdp nelle rinnovabili, cercando investimenti stranieri e facendo dell’Uruguay uno dei paesi leader del mondo nel settore dell’energia sostenibile con una sofisticata rete di integrazione fra eolico ed idroelettrico. Sono arrivati investimenti da tutto il mondo, specie dalla Spagna, Danimarca e Germania, ma anche dall’Italia, Usa, Cina ed India. Nel 2015 programmano di arrivare al 90% di elettricità rinnovabile e nel 2016, se tutto va bene, all’indipendenza totale. Programmano di superare la Danimarca per la percentuale di energia eolica usata. Ramon Mendez dice che tutto questo è “innovative on a world level“.
L’ironia è che a lungo l’Uruguay ha importato petrolio e derivati dall’Argentina. A causa dell’instabilità di Buenos Aires, i prezzi fluttuavano in modo impossibile da sostenere per l’Uruguay, fattore che ha contribuito non poco alla scelta green del paese. Adesso è l’Uruguay che esporta energia ai suoi vicini d’Argentina.
E i risultati si vedono. Il costo dell’elettricità è calato, in un paese in cui d’inverno fa molto freddo e in cui spesso scuole e pensionati dovevano spegnere il riscaldamento a causa dei prezzi troppo cari. Non più. Sono stati creati nuovi posti di lavoro, specie in zone rurali. Hanno messo a punto un programma per fare dell’aeroporto di Montevideo, il Carrasco International, il primo aeroporto sostenibile del mondo, interamente alimentato dal sole e dal vento. Montevideo pullula di taxi elettrici, ed il governo si e’ posto l’obiettivo di alimentare tutti i mezzi pubblici del paese con l’elettricità made in Uruguay. Per dirne una, il giorno 5 giugno 2015 solo dal vento è arrivato il 50.2% del fabbisogno energetico del paese.
L’Uruguay è un paese piccolo, e certo su grande scala le cose sono più difficili, ma considerato che nel resto dell’America Latina – e non solo! – si è spesso soffocati da corruzione e inefficienza è un miracolo quello che sono riusciti a fare. Matteo Renzi, prenda nota.
Qui le immagini della piccola-grande rivoluzione green dell’Uruguay.