Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Roberto Corbari da Viadana (Mantova).
“Buongiorno,
sono un vostro abbonato dai tempi dell’Antefatto, vi riassumo ciò che mi è accaduto in mattinata.
Uscendo dall’ufficio per andare ad un appuntamento a pochi chilometri, raggiungo il parcheggio di un supermercato a Viadana (Mantova), dove la mia auto era parcheggiata. Noto un bambino di circa 3-4 anni che cammina tutto solo con un pacchetto di ovetti di cioccolato in mano. Non vedendo alcun adulto con lui, lo seguo e cerco di parlargli e chiedergli come si chiama e dove sta andando, senza ottenere risposta.
Mi raggiunge un commesso che, gentilmente, cerca di parlargli e di capire dove stava andando. Ho pensato che anche lui fosse preoccupato e, data che sembrava sinceramente interessato alla vicenda, dopo qualche istante ho ripreso a camminare verso la mia auto. Girandomi, ho visto che il commesso gli aveva tolto di mano gli ovetti e stava tornando verso il supermercato, e il bambino stava scappando in lacrime lungo la pista ciclabile. Quando l’ho incrociato mi ha detto, testualmente: “Non posso stargli dietro tutto il giorno, speriamo almeno che non attraversi”.
Ho una figlia di quattro anni, perciò mi sono messo a correre verso il bambino, che ancora più impaurito scappava da me. L’ho afferrato in mezzo alla strada nei pressi del cimitero di Cogozzo, l’ho tranquillizzato mostrandogli qualche foto di mia figlia e parlandogli dolcemente e ho notato che aveva vomitato dalla paura e dall’emozione.
L’ho pulito con qualche salvietta (che ho sempre con me come ogni genitore), l’ho preso in braccio e l’ho riportato verso il supermercato, trovando la madre in lacrime con due borse della spesa in mano che girava per il parcheggio. Probabilmente non si era accorta che il bimbo era uscito, forse lui si era arrabbiato perché la madre le aveva negato gli ovetti, o non so che altro.
Dopo aver assistito all’incontro, sono andato al supermercato, ho trovato il ragazzo che aveva consapevolmente abbandonato un bambino di 3 anni in mezzo alla strada. Vi riporto pressappoco il dialogo (era presente un mio collega che nel frattempo avevo chiamato per chiedergli di avvertire il cliente che tardavo, e che nel frattempo mi aveva raggiunto):
– Non puoi lasciare un bambino di tre anni in mezzo alla strada.
– Eh ma io sto lavorando.
– Anch’io, ma non ho lasciato un bambino di tre anni da solo per strada.
– Ho capito, ho provato a chiedergli qualcosa ma non rispondeva, poi si è messo a piangere ed è scappato quando gli ho preso gli ovetti, dovevo rincorrerlo?
– Si, come ho fatto io, l’ho ripreso in mezzo strada mentre si era vomitato addosso dalla paura. Non hai giustificazioni.
– (in dialetto) Se vengono qui e non sanno neanche star dietro ai loro figli, dovremmo occuparcene noi?
– Ecco qual è il problema: noi e loro. (Sì, perché madre e figlio erano indiani). Se fosse stato italiano lo avresti aiutato?
– Intanto se fosse stato italiano mi avrebbe risposto.
– Quello che hai detto ti qualifica, devi vergognarti.
– Bravo, l’hai salvato? Vuoi un applauso?
– No, vorrei l’abc della civiltà, non servono applausi per questo.
A quel punto è arrivata la responsabile del supermercato:
– Lascia perdere questa gente (“questa gente” ero riferito a me), secondo loro non abbiamo abbastanza da fare e dovremmo anche stare dietro ai bambini. Guarda che quello lì aveva rubato.
– La madre aveva due borse della spesa in mano, una che manda il figlio a rubare non compra due borse di roba!
La discussione è poi proseguita all’esterno, perché ero molto arrabbiato per un atteggiamento diffuso di menefreghismo e razzismo serpeggiante, alimentato dalla paura della diversità inculcata negli ultimi tempi anche da felpe, ruspe e amenità di quel tipo.
Non metterò più piede in quel supermercato, questo è certo.
Vi prego, riportate questa storia anche non menzionando luoghi e nomi se preferite, perché non voglio fare cattiva pubblicità a un supermercato composto da grandissimi lavoratori (questo è innegabile), ma vorrei far capire che un bel gesto qualifica una persona e, nel suo piccolo, può migliorare un po’ questi tempi bui in cui viviamo.
Sono convinto di non aver fatto niente che meriti applausi (nemmeno quelli ironici del commesso), ho fatto una cosa che credevo naturale per la maggior parte delle persone, e che invece mi è sembrata un piccolo “gesto eroico” se rapportata alla miope ignoranza con cui mi sono scontrato”.
Roberto Corbari