“I principali interventi previsti si possono così riassumere: riduzione della vulnerabilità sismica degli edifici, attraverso il consolidamento statico delle murature; creazione e/o completamento dei sottoservizi; …messa in rete delle strutture culturali già attive, musei e spazi espositivi, biblioteche, eventuali postazioni universitarie, teatri e gruppi teatrali, ecc.”.
Idee sul centro storico, presentate da Mario Occhiuto nel giugno 2011 all’interno delle sue linee programmatiche sulla città. Una serie di operazioni che per il futuro sindaco di Cosenza “consentirà di attrarre nuovi flussi turistici specializzati, con inevitabile ricaduta economica ed occupazionale”.
Un progetto tutt’altro che nuovo quello di puntare sul centro storico. Prima di Occhiuto ci aveva pensato Salvatore Perugini, il suo predecessore. Nel dicembre 2010 in occasione del dibattito sulla ‘Cosenza del futuro’ aveva sostenuto che “dopo un lungo periodo di stallo Cosenza ha avuto negli ultimi anni un vero e proprio boom edilizio…Personalmente, penso che Cosenza non abbia bisogno di sviluppare ulteriori volumi, quanto di riqualificare l’esistente, a cominciare dal centro storico”.
D’altra parte che il centro storico sia uno spazio emblematico della città, pochi dubbi. Non solo il duomo duecentesco, che nel 2011 è stato dichiarato dall’Unesco “patrimonio testimone di una cultura e di pace”. Un susseguirsi di palazzi costruiti, soprattutto, tra il 1400 e il 1600, da lasciare senza parole. Architetture inserite in un disegno urbano caratterizzato da un dedalo di strade strette che si snodano attorno agli antichi edifici, chiese, conventi, case fortezze, slarghi e piazze. “Senza dubbio uno dei centri storici più belli d’Italia! Ogni angolo nasconde una meraviglia… visitare per credere”, scrive su Tripadvisor chi lo ha lo visto alcuni giorni fa. “Peccato, perché le potenzialità ci sono tutte per essere uno dei centri storici più interessanti della Calabria, ma è lasciato totalmente nell’abbandono e nel degrado”, commenta a marzo un altro visitatore. Abbandono e degrado eccoli i termini che ricorrono più frequentemente quando si parla del nucleo di Cosenza. Dove i crolli stanno divenendo una preoccupante costante.
Alla fine dello scorso maggio quello di una parte di un palazzo, da tempo disabitato, in via Bombini, il vicolo che collega Corso Telesio e Via Gaeta. Edificio privo di manutenzione ed evidentemente in precario stato di conservazione, al punto da suggerire la chiusura al transito della strada. Pochi giorni fa quello del solaio di un’abitazione in disuso in via Abate Saffi. La conseguenza? L’inagibilità dell’edificio e l’area interdetta. Diversi altri i crolli che hanno interessato parti delle strutture portanti di alcuni edifici, di elementi della copertura. Una situazione ormai fuori controllo. Alla cui soluzione non sono state approntati interventi a larga scala. La risposta dei deputati cosentini del Pd, che ha ricevuto l’adesione di una quarantina di deputati dem, la richiesta al governo della deliberazione dello stato di emergenza.
“Il secondo centro storico per grandezza in tutto il meridione è abbandonato a se stesso da troppo tempo ormai: cinquemila e rotti abitanti sono in pericolo a causa dei crolli continui e dell’incuria, del degrado, e decine e decine di migliaia di potenziali turisti sono persi a causa dell’incapacità delle istituzioni”, ha scritto sul suo profilo Facebook il parlamentare del M5s Nicola Morra, a commento del video del crollo della fine di maggio. In precedenza, nel settembre 2014, un’iniziativa dello stesso Morra e di Di Battista, ha provato ad accendere i riflettori sulle cause di crolli e abbandono. A partire dalla mancanza di servizi al cittadino, senza contare le reti idriche e fognarie che necessiterebbero di interventi. Quel che è certo è che Cosenza sta perdendo la sua identità. Sembra quasi che abbia sommessamente metabolizzato il progressivo collasso. Si ha l’impressione che le criticità siano così tante da rincorrersi. La constatazione che la gran parte degli immobili, molti dei quali in abbandono, sia di proprietà privata, non agevola la soluzione del problema. Ma una politica culturale e urbanistica capace non può farsi scudo di questo status quo. Servirebbero strategie condivise. Nelle quali i palazzi che minacciano di crollare siano un’opportunità. Per pianificare non solo interventi specifici, ma una rivitalizzazione seria e rispettosa.
“Non fate andare in rovina questo piccolo bene culturale. Se è un bene privato non renderti responsabile della sua rovina”, era scritto su un biglietto lasciato da un passante sulla soglia d’ingresso della cappella del Rosario di via Gaeta. Il rischio che la rovina del centro storico sia causata da un concorso di colpa tra amministrazione e cittadini sembra tutt’altro che remoto. Bisognerebbe creare un corto circuito nell’indifferenza di troppi.