Il Family Day, previsto domani a Roma, è stato accompagnato da un vero e proprio tam tam sui social network in cui si denuncia l’imposizione del cosiddetto gender nelle scuole, con corsi di educazione sessuale da imporre sin dalla più tenera età, in cui verrebbero per altro attuati “corsi di masturbazione collettiva”, secondo quanto previsto da un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Attraverso una semplice ricerca online – ad alcuni stupirà saperlo, ma basta saper usare Google – ho reperito il documento in questione intitolato Standard per l’Educazione Sessuale in Europa, il cui sottotitolo è Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti. Già queste prime informazioni ci suggeriscono che l’allarme è ingiustificato, ma entriamo più nel dettaglio.
Le linee guida sono destinate non alle scuole, ma ai governi. Sono cioè “istruzioni per l’uso” qualora i ministeri preposti decidessero di avviare delle politiche di educazione sessuale da affidare a specialisti. Questi dovrebbero intervenire, in un secondo momento, insieme a famiglie, insegnanti e dirigenti scolastici. Si parte quindi da quel documento, si attua un programma d’intervento per classi d’età e lo si propone alle scuole. Nessuna imposizione, ma una procedura che si serve di una metodologia scientifica, con tanto di bibliografia di riferimento.
Il documento consta di sessantotto pagine, è diviso in due parti – una introduzione ragionata e una parte operativa – è organizzato in capitoli, fornisce le informazioni su cos’è l’educazione sessuale, individua gli obiettivi specifici e i gruppi a cui sottoporre il piano di intervento. Fornisce, inoltre, le matrici sulle informazioni da veicolare e sulle competenze da raggiungere. Si aiuterà il bambino o l’adolescente a capire come funziona il corpo umano, sotto il profilo medico, igienico e sessuale. Ciò non significa avviare corsi di masturbazione in classe: più semplicemente, ad esempio, se ci si dovesse trovare di fronte a casi di precocità sessuale l’operatore dovrà essere in grado di fornire le informazioni più adeguate. Una bella differenza rispetto a quanto prospettato nel volantino diffuso.
Al di là di questi aspetti, c’è da chiedersi come sia possibile che un documento così complesso sia stato ridotto a una sintesi grossolana – forse dovuta a una cattiva lettura del testo o a chissà quali pruriti sessuali da parte di chi lo ha letto – che non solo veicola informazioni false, ma ha creato un clima di terrorismo psicologico. Nessun organismo ha vigilato su quello che potrebbe prefigurarsi come procurato allarme? La scuola, per altro, è un settore delicatissimo: certa gente si è permessa di diffondere notizie fuorvianti e ha generato un clima di sfiducia nei confronti di un’istituzione dello Stato e di un’intera categoria di professionisti/e (insegnanti, dirigenti, figure professionali di sostegno, ecc). Non dovrebbe essere cura del Ministero della Pubblica Istruzione vigilare per evitare questo tipo di situazioni? Spiace dirlo, ma se avessimo un ministro dell’istruzione serio, avrebbe già preso posizione da tempo contro tutto questo. E invece…Preoccupa, inoltre, non solo il silenzio delle istituzioni – insieme alla complicità di una Chiesa che utilizza le sue parrocchie per far cassa da risonanza a teorie ascientifiche e a proclami allarmistici – ma anche quello degli attori politici, che mostrano tutta la loro ignavia di fronte a questo scempio.
Ci troviamo di fronte un gruppo che strumentalizza il tema dell’istruzione per veicolare sentimenti di omofobia contro le persone Lgbt. Lo scopo del Family Day, infatti, è quello di dire no alle unioni civili. Per fare ciò si è creato allarme sociale dipingendo gay e lesbiche come persone pericolose per l’infanzia (e c’è da chiedersi se questa non sia diffamazione). Stupirà allora scoprirlo, ma in quelle linee guida tanto invise al fan club della “famiglia tradizionale” si tratta anche il tema della lotta agli abusi sessuali sui/lle minori, aspetto sul quale la piazza di sabato 20 non ha i titoli per dare lezioni a nessuno, almeno finché non si intesterà una battaglia altrettanto fervente contro la pedofilia nella chiesa o nella famiglia tradizionale, dove si consuma la stragrande maggioranza delle violenze.
Concludo con un’evidenza: è preoccupante che una cattiva lettura di un testo scientifico porti la gente a manifestare a Roma contro qualcosa che in buona sostanza non ha capito. Va bene che in certi settori sociali quel tipo di pubblico viene chiamato “gregge”, ma si dovrebbe interpretare il termine in chiave metaforica e non nella sua dimensione più letterale. Converrete.