Era l’8 luglio del 2013 quando Papa Francesco approdava a Lampedusa. Si trattava della sua prima uscita fuori del Vaticano. In quella prima tappa nel Mediterraneo, Papa Francesco si fece carico del grave problema dell’immigrazione. Nel tempo Begoglio ha assunto il ruolo di protagonista ponendo l’attenzione sul valore della memoria e il ruolo delle Chiese cristiane d’Oriente.
Le origini cristiane sono connesse, per tanti aspetti, alla cultura e ai mondi del Mediterraneo. Il Mediterraneo è stato il primo ‘mare cristiano’. Gli Atti degli apostoli, opera neotestamentaria degli ultimi decenni del primo secolo, narrano il viaggio di Paolo di Tarso attraverso il Mediterraneo per essere condotto a Roma e il suo naufragio a Malta. Così il mare nostrum dell’impero romano diviene progressivamente lo spazio di espansione del cristianesimo che si insedia in Oriente, in Occidente, a Roma e in Nordafrica.
Con l’affermazione dell’islam, il mare nostrum si trasforma però nello spazio di scontro tra il cristianesimo e la nuova religione in espansione. Da allora perderà la sua caratteristica di “mare cristiano” per divenire il luogo dello scontro/incontro tra cristianesimo e islam. Sulle rive di questo mare prendono corpo le differenti tradizioni cristiane, quella latina e occidentale che fa capo a Roma, quella ortodossa e bizantina di Costantinopoli.
La coabitazione tra cristiani e musulmani è un fatto che riguarda il Mediterraneo orientale e l’Egitto; infatti in Libia e in tutto il Maghreb le antiche cristianità si sono ridotte sotto la pressione della presenza arabo-islamica. Eppure la Chiesa nordafricana aveva svolto un ruolo notevole nel cristianesimo dei primi secoli, rappresentato emblematicamente dalle figure di Agostino d’Ippona e di Cipriano di Cartagine. Il cristianesimo è tornato in Nordafrica solo con la presenza coloniale francese (e italiana) e grazie all’impegno dei tanti missionari.
Oggi Papa Francesco chiede di pregare “per tanti fratelli e sorelle che cercano rifugio lontano dalla loro terra, che cercano una casa dove poter vivere senza timore, perché siano sempre rispettati nella loro dignità”. Ma già in precedenza al Parlamento Europeo il 24 novembre 2014, il Papa insisteva sulla tragedia dei migranti: “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero! L’Europa sarà in grado di far fronte alle problematiche connesse all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale e mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti; se saprà adottare politiche corrette, coraggiose e concrete che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni, causa principale di tale fenomeno”.
La diplomazia diretta di Bergoglio può contare oggi su un valido e solido apparato di nunzi apostolici che negli ultimi tempi è stato sollecitato e stimolato ad “andare molto in giro e toccare i problemi della gente”, ad uscire dunque dai protocolli e dai formalismi tipici della categoria.
L’idea del Vaticano è di riformulare una politica internazionale per l’Africa riducendo al minimo possibile i conflitti esistenti attraverso l’impegno di tutta l’Europa in un nuovo modo di coinvolgersi nella politica africana andando oltre gli scivoloni con la Lega di Salvini. L’unità di misura essenziale della geopolitica vaticana restano la diocesi, che sono anche il fulcro della vita pastorale. Papa Bergoglio guarda al Sud coltivando la sua geopolitica che punta alle fasce deboli ribadendo il limes cattolico-romano nell’area mediterranea.