Scrive Giuseppe Berta, nel numero del Mulino appena uscito (3/15, p. 679): “Succede un giorno – è successo a me – di scoprire che non si prova più interesse per la politica. Che non la si comprende più. Che è diventata estranea”. Un tempo, negli anni dell’impegno, si sarebbe risposto con il ditino alzato: “E bravo, tu non ti interessi, ma la politica s’interessa comunque a te, e dopo non ti puoi lamentare se finisce tutto a schifìo”. Poi è venuto il tempo del fare politica fingendo di odiarla – il ‘chiagni e fotti’ berlusconiano – e poi ancora quello dell’antipolitica: e magari qualcuno considererà il disinteresse confessato da Berta il giusto approccio, disincantato e postmoderno. A me sembra che oggi siamo a un punto tale, che la tentazione è liquidare la cosa con un cosmico ‘Ecchissenefrega’: del disinteresse, della politica, di tutto.
Che altro dovrei dire io, che non ho neppure votato alle regionali liguri, per la prima volta nella vita, così ha vinto Toti? Berta ha tutte le ragioni del mondo, ne elenca solo tre, tanto vale parlare di quelle. La prima ragione è che la politica non pretende più di cambiare il mondo, ma va sempre al traino di qualcos’altro, economia, finanza, comunicazione, e a fronte dell’incapacità di affrontare problemi come l’emigrazione o la disoccupazione giovanile lascia intravedere solo una scelta ‘fra l’asfissia e la catastrofe’. Nello stesso numero della rivista Andrea Morrone, costituzionalista renziano, ci spiega che Italicum e riforme costituzionali servono solo a produrre un Parlamento abbastanza efficiente da produrre, on demand, le riforme che ci chiede l’Europa: finalmente, sinora non si era capito, a cosa servisse un Parlamento così…
La seconda ragione del disinteresse di Berta è il tradimento della politica locale: altro che ripartire dai territori, altro che rivolgersi alla società civile, oggi non è necessario leggersi la relazione di Fabrizio Barca sul Pd romano per sapere che l’establishment locale è ancora più graniticamente schierato a difesa della propria autoperpetuazione di quello nazionale…
La terza ragione è che se a uno piacciono le cose ben fatte, i dati precisi, i numeri giusti, le idee chiare, gli basta assistere a una conferenza stampa televisiva del governo sul Documento di economia e finanza, il vecchio Bilancio, per decidere di cambiare canale…
Ecchissenefrega della politica, allora. Però la prossima volta che si vota per le regionali piuttosto voto il primo che passa, ma voto, almeno se vince di nuovo Toti mi sarò liberato da questo tremendo senso di colpa…