Il sequestro di 86 chilogrammi di cocaina a bordo del veliero Relambi da parte della Marina Militare francese al largo dell’isola caraibica della Martinica, l’8 giugno scorso, spalanca di fronte agli inquirenti francesi e italiani lo scenario di una capillare e imponente infiltrazione delle cosche calabresi in diverse località costiere della Costa Azzurra. Un reticolato di presidi criminali, in costante contatto con le “Locali” stanziate da decenni nell’estremo ponente ligure, che si estende a ovest attraverso Tolone fino a Marsiglia. Secondo i riscontri raccolti dagli investigatori italiani e francesi, il rosario di presidi della ‘ndrangheta calabrese, fra il confine italo-francese e Marsiglia, si articola in diversi capisaldi: il clan Pellegrino a Mentone, con altre famiglie dislocate nel principato di Monaco. I clan di Rosarno e di Dellanuova a Nizza, a Grasse i clan Molè-Piromalli di Gioia Tauro (ritenuti in contatto con i fornitori di coca colombiani e i produttori marocchini di hashish), ancora i clan di Dellanuova (famiglie Palumbo, Papalia, Nucera) ad Antibes, la famiglia Stanganelli (Clan Molè di Rosarno) a Cannes, i Pesce di Rosarno a Pègomas, i Morabito di Africo nei pressi di Tolone, a La Senne e Olliulles, altre famiglie calabresi a Marsiglia.
Il quadro criminale, legato principalmente ma non esclusivamente al business principale, il traffico di sostanze stupefacenti, si allarga anche alle estorsioni, alla riscossione del pizzo, al traffico d’armi e all’attività di copertura dei latitanti, sconfinando sul terreno degli affari legali, nella infiltrazione degli uomini delle ‘ndrine calabresi negli appalti pubblici, nella gestione di ristoranti e stabilimenti balneari della costa francese. Lo scenario per la verità non è totalmente inedito, visto che era stato già tratteggiato nella vecchia inchiesta “Oltralpe” dei Carabinieri dei Ros, finita chissà perché in archivio. Ora viene riconfermato con sviluppi potenzialmente clamorosi dall’inchiesta denominata “Trait d’Union”, condotta in stretta e fattiva collaborazione fra le autorità giudiziarie e la polizia francesi con sede a Marsiglia e a Nizza, lo Sco della Polizia di Stato e la squadra Mobile della Questura di Genova, coordinate dalla Direzione Distrettuale antimafia di Genova.
Diciassette persone sono finite in manette oltre che per gli 86 chilogrammi di cocaina prelevata sulla Martinica e destinati ad essere sbarcati in Europa, anche per un altro sequestro, avvenuto il 14 aprile a Genova: 45 chilogrammi di hashish, scovati a bordo di un furgone con targa spagnola, partito dalla Spagna. Attorno ai due episodi, gli investigatori hanno isolato dei personaggi-chiave, alcuni dei quali ritenuti in collegamento con gli esponenti di spicco della ‘ndrangheta stanziata da diversi anni in Francia. In particolare Carmelo Sgrò, 32 anni, originario di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), considerato il mediatore del passaggio di numerose partite di sostanza stupefacente dirette in Francia e in Italia. Il suo braccio destro, Francesco Nardelli, di Rosarno (Reggio Calabria) 43 anni e l’incensurato sanremese Alessio Cavaliere, 37 anni. I tre sono stati fermati l’8 giugno su ordine del sostituto procuratore della Repubblica di Genova, Alberto Lari, e tradotti nel carcere di Imperia. Il gip della città ligure, Laura Russo, tuttavia ha convalidato soltanto i fermi di Sgrò e Nardelli e ha spedito tutti e tre agli arresti domiciliari.
Il filone di indagine francese aveva messo sotto osservazione Antonio e Rocco Magnoli, 55 anni e 61 anni rispettivamente, originari di Rosarno, nonché Marcello Giovinazzo, 45 anni, compaesano dei Magnoli. Tutti e tre da tempo si sono trasferiti in Francia, nella cittadina di Vallauris, (nell’entroterra di Antibes, nel Dipartimento della Provenza-Costa Azzurra) dove le autorità francesi ritengono agisca il centro dell’organizzazione criminale dedita al traffico di droga gestito dai Magnoli. Già nel 1994 un pentito di mafia, Giovanni Gullà, aveva fornito agli inquirenti precise indicazioni sulla presenza in territorio francese delle ‘ndrine calabresi indicando i Magnoli come il terminale dell’attività criminale legata agli stupefacenti. La famiglia Magnoli non è ignota agli investigativi, alcuni suoi esponenti di spicco hanno numerosi precedenti per reati associativi di carattere mafioso legati al traffico internazionale di stupefacenti. Antonio Magnoli detto Bubu, era stato arrestato nel 2010 in esecuzione della sentenza di condanna a otto anni, emessa a Marsiglia, per reati associativi legati al traffico di droga. Scarcerato a maggio del 2014 era tornato, secondo gli investigatori, ai vecchi “mestieri”.
La famiglia Magnoli è legata da vincoli di parentela alle famiglie calabresi Stanganelli e Molè, nonché alla famiglia Giovinazzo di Rosarno, Giuseppe Giovinazzo aveva sposato Concetta Stanganelli, sorella di Rosa, madre dei fratelli Magnoli. Uno dei figli di Giuseppe Giovinazzo, Marcello, finito in manette nel blitz italo-francese di sabato scorso, gestisce a Vallauris un locale, il “Fanny Club” dove si riunivano periodicamente i personaggi finiti nell’inchiesta “Trait d’union”. Anche lui ha numerosi precedenti penali specifici e il suo nome era comparso nell’inchiesta Roccaforte, poi confluita nell’inchiesta “La Svolta” secondo la quale Marcello Giovinazzo aveva fornito grandi quantitativi di stupefacente alla “Locale” ‘ndranghetista di Ventimiglia.
L’altro fermato, Carmelo Sgrò, appartiene alla famiglia ‘ndranghetista Gallico-Morgante-Sciclitano di Palmi (Rc) ed è noto anche lui come dedito al traffico di droga.