(Adnkronos) - Autonomia strategica. È questa la parola chiave dell’Unione europea nel 2025. Con gli scossoni all’alleanza atlantica ad opera della nuova amministrazione Trump, il blocco sta (ri)scoprendo la necessità di fare da sé il più possibile, e che la dipendenza verso gli Usa (ma non solo) in alcuni settori chiave può essere fonte di instabilità. Se in questi giorni la difesa comune sta monopolizzando i discorsi e gli sforzi dell’Ue, non è però l’unico settore interessato. In particolare, c’è un altro progetto di cui sentiremo parlare molto: l’euro digitale.
Si tratta di un’iniziativa partita nel 2021, in tempi non sospetti ma comunque sempre all’interno di una visione di autonomia, in un contesto geopolitico caratterizzato da policrisi. La presidente della Banca centrale europea (Bce) Christine Lagarde recentemente a Francoforte si è espressa sul progetto, definendolo di “importanza critica e più rilevante e imperativo che mai“.
Ma cominciamo col capire di cosa parliamo quando parliamo di euro digitale.
Nicola Branzoli, capo della Divisione Normativa, ricerca e supporto tecnico dell’Unità euro digitale di BankItalia, spiega a Eurofocus: “L’euro digitale sarebbe una versione elettronica del contante: una moneta digitale emessa dalla Banca centrale europea e disponibile a tutti. Uso il condizionale perché l’euro digitale sarà emesso solo dopo che il necessario impianto normativo sarà adottato dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione europea. Vorrei subito fare chiarezza su una fake news dura a morire: l’euro digitale non sostituirà banconote e monete, ma le affiancherà come strumento di pagamento sicuro, accessibile e accettato in tutta l’Eurozona”.
L’iniziativa dell’Eurosistema (composto dalla Bce e dalle banche centrali dei venti Paesi Ue che adottano l’euro) non è isolata: si segnalano altri tentativi come la rupia digitale in India, lo e-yuan cinese – coniato nel 2019 – e la sterlina, ma il progetto europeo si differenzia ad esempio per essere pensato anche offline.
L’euro digitale consentirebbe di effettuare pagamenti in modo elettronico, istantaneo, sicuro e gratuito in tutta l’area dell’euro sia nei negozi, sia online, sia tra persone, indipendentemente dal Paese in cui ci si trovi o dal proprio fornitore di servizi di pagamento: una possibilità che attualmente non esiste.
Nel concreto, come prima cosa occorrerà creare un portafoglio elettronico (wallet), presso un intermediario privato, come la propria banca, o uno pubblico, come le Poste. Il wallet potrà essere caricato di euro digitali mediante un conto bancario collegato oppure depositando contante. A questo punto si potrà pagare usando il wallet tramite telefono, carta, smartwatch, portafogli elettronici e computer. Un aspetto molto importante è che il progetto prevede che l’euro digitale si possa usare anche in caso di scarsa o addirittura nulla connessione a internet.
Si è molto discusso del limite di euro digitale che gli europei potranno detenere nel proprio wallet: gli Stati temono deflussi dalle banche ai wallet e dunque un’instabilità finanziaria. L’Eurosistema sta adottando iniziative per eliminare questi rischi. I limiti di detenzione saranno infatti associati a servizi di conversione automatica e istantanea con depositi bancari per gli utenti che vorranno collegare il proprio conto in euro digitale a uno bancario (i cosiddetti servizi di waterfall e reverse waterfall).
Ad esempio, se un consumatore vorrà pagare una pizza utilizzando l’euro digitale pur non avendo sufficiente disponibilità, all’atto del pagamento il servizio di reverse waterfall trasferirà istantaneamente la somma necessaria all’acquisto dal conto corrente bancario a quello in euro digitale, da cui poi verrà effettuata la transazione. “Questa soluzione raggiungerà il doppio obiettivo di evitare rischi per il sistema bancario e garantire all’utente un’elevata esperienza d’uso”, evidenzia Branzoli.
Le ragioni che hanno spinto l’Eurosistema a sviluppare questo progetto, spiega l’esperto di Bankitalia, “sono molteplici. Innanzitutto, c’è la necessità di mantenere l’equilibrio tra moneta pubblica e privata, pietra d’angolo di tutti i sistemi monetari moderni, nell’era digitale. Con il calo dell’uso delle banconote nelle transazioni che facciamo ogni giorno – anche in un Paese tradizionalmente legato al contante come il nostro – l’Eurosistema vuole garantire a cittadini e imprese l’accesso a uno strumento di pagamento pubblico, sicuro e a corso legale. Il governatore Panetta ha sottolineato più volte questo tema, ricordando che oggi manca una moneta elettronica emessa dall’Eurosistema che possiamo utilizzare per le transazioni che fanno sempre più parte della nostra esperienza quotidiana come l’e-commerce”.
Se questo è il contesto, come l’euro digitale potrebbe contribuire all’autonomia strategica dell’Europa?
Prima di tutto perché ridurrebbe la dipendenza europea da circuiti di carte stranieri, spiega Branzoli: “Oggi 13 Paesi su 20 dell’Eurozona non hanno un circuito di carte nazionale e non esiste un circuito europeo accettato in tutti gli Stati membri. Per questo, a più di vent’anni dalla creazione dell’euro, il mercato europeo dei servizi di pagamento al dettaglio rimane frammentato, con circa due terzi delle transazioni al dettaglio digitali nell’Eurozona che si appoggiano su schemi di pagamento extraeuropei”.
Il che è un problema, perché le multinazionali che hanno in mano i circuiti su cui operano le carte godono di una posizione dominante sul mercato e dunque possono usare i dati degli utenti a fini commerciali e sfruttare rendite di posizione. Per l’Europa questo vuol dire essere esposta ad esempio ad aumenti dei costi di commissione, o addirittura, per assurdo, alla fine dei servizi stessi. “Certo, speriamo che scenari di questo genere non si verifichino, ma dobbiamo essere preparati a ogni evenienza. Un euro digitale assicurerebbe un’opzione sicura e indipendente per tutti”, sottolinea Branzoli.
Un altro vantaggio dell’essere autonomi è che si favorirebbe l’innovazione, stimolando fornitori di servizi di pagamento a proporre più facilmente soluzioni proprie in tutta l’Europa. Si arriverebbe anche a potenziare la resilienza del blocco a eventuali attacchi informatici o a problemi tecnici come i blackout.
Un altro capitolo fondamentale è quello della privacy. Sottolinea Branzoli: “I dati delle transazioni digitali rappresentano un asset strategico, come ben sanno i giganti tecnologici che hanno costruito il proprio business grazie allo sfruttamento dei dati degli utenti. Con l’euro digitale potremmo promuovere la gestione di questi dati da realtà europee. Dati che, in ogni caso, rimarrebbero del tutto invisibili all’Eurosistema che, proprio per garantire la privacy dei cittadini, non sarebbe in grado di associare i singoli pagamenti a specifici utenti”.
Euro digitale e criptovalute: Trump cripto-presidente
Il progetto sta ricevendo un forte impulso anche dalle iniziative di Trump – che ha più volte detto che sarà il primo cripto-presidente – in tema criptovalute. Si va dalla creazione, due giorni prima del suo insediamento, della sua personale meme coin, $Trump, seguita da quella della first lady, $Melania, fino all’ordine esecutivo del 23 gennaio che vieta la creazione e la circolazione di ogni moneta digitale dentro i confini degli Usa, compreso il dollaro digitale su cui la Fed stava lavorando, in quanto minaccia “per la stabilità del sistema finanziario, la privacy e la sovranità degli Stati Uniti”.
Il 7 marzo Trump ha poi firmato un ulteriore ordine per stabilire una riserva nazionale di Bitcoin e una stockpile (scorta) di altre criptovalute, al momento acquisendole solo attraverso i procedimenti giudiziari in capo al governo.
Ma il progetto dell’euro digitale mira (anche) ad arginare una possibile instabilità connessa alle criptovalute. Queste infatti sono monete virtuali senza Paesi emittenti né banche centrali e funzionano tramite blockchain, un registro digitale pubblico delle transazioni, immodificabile e aggiornato dalla comunità degli utenti. Di conseguenza sono estremamente volatili, mentre l’euro digitale, essendo emesso dalla Bce, manterrebbe sempre il suo valore nominale.
Chiarisce Branzoli: “Stiamo vivendo un momento in cui le preferenze dei cittadini si stanno spostando dai pagamenti in contanti – quindi con moneta di banca centrale – a quelli elettronici – che in assenza di euro digitale sono tutti regolati in moneta privata. Quest’ultima è creata e gestita quasi esclusivamente dalle banche ma nel futuro potrebbe essere emessa anche dai grandi giganti del web tramite gli stablecoin (un tipo di criptovalute il cui valore è ancorato a un altro asset, come una valuta fiat o l’oro, con l’obiettivo di mantenere un prezzo stabile, ndr). Come ha spiegato di recente Piero Cipollone (membro del consiglio direttivo della Bce), se in Europa venissero usati stablecoin ancorati a valute estere, i cittadini e le imprese europee potrebbero trasferire, senza rendersene conto, parte dei propri depositi dal nostro sistema bancario a quello di altri Paesi, con effetti analoghi a quelli dei deflussi di capitale, tra cui la riduzione dell’offerta di credito, dei consumi e degli investimenti. Anche in questo caso la speranza è che eventi come questi non si verifichino, ma progetti di questo genere da parte del settore privato sono in corso e dobbiamo essere pronti”.
La moneta digitale dunque potrebbe fungere da stabilizzatore e baluardo di fronte a un’ascesa di stablecoin e bitcoin, ma anche di fronte a nuove iniziative portate avanti da piattaforme tecnologiche con miliardi di utenti. Ci ha provato facebook nel 2019 con la moneta Libra, progetto bloccato dall’opposizione delle banche centrali. Ma, ha avvisato il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, cosa accadrebbe oggi se Meta, Amazon o X decidessero di lanciare una stablecoin?
Un tema di cui si è occupata anche Chiara Scotti, vice direttrice generale di Bankitalia, nel corso del suo intervento al Forex dello scorso febbraio, nel quale ha ipotizzato degli scenari futuri su cui riflettere. Spiega Branzoli: “Un primo scenario in cui le banche sviluppano il know-how e i canali distributivi necessari a stare al passo con l’evoluzione tecnologica, il secondo in cui gli intermediari tradizionali riducono il proprio ruolo esternalizzando buona parte della catena del valore dei servizi finanziari alle Big Tech e un terzo scenario caratterizzato dalla completa disintermediazione degli intermediari attraverso blockchain e strumenti della finanza decentralizzata (DeFi)”.
In questi casi come si collocherebbe l’euro digitale?
Per l’esperto, “sarebbe un elemento chiave per sostenere il primo scenario. La nuova forma di moneta sarebbe infatti una piattaforma a supporto dell’innovazione nel sistema finanziario”.
Far diventare realtà l’euro digitale evidentemente è complesso. Da gennaio 2020 la Bce e le Banche centrali nazionali dell’area dell’euro stanno portando avanti analisi e sperimentazioni. Dopo una fase istruttoria, il 1° novembre 2023 è iniziata una fase di preparazione – con l’obiettivo di arrivare a una sperimentazione – che durerà due anni e si concluderà alla fine del 2025, quando il Consiglio direttivo deciderà se passare alla fase successiva. Intanto il 28 giugno 2023 la Commissione europea ha presentato un progetto di proposta legislativa per un possibile euro digitale.
Ma quali sono i principali nodi ancora da sciogliere per l’implementazione dell’euro digitale?
Secondo l’esperto di Bankitalia, “l’euro digitale è un progetto comune europeo. La sfida principale è quella di bilanciare gli interessi di tutti gli attori coinvolti affinché ciascuno contribuisca al suo successo. Come Eurosistema dobbiamo realizzare uno strumento di pagamento efficiente e sostenibile, riducendo al minimo i costi di realizzazione e di funzionamento e l’impatto ambientale del progetto. I co-legislatori stanno lavorando per la definizione di un quadro giuridico che ne faciliti l’utilizzo da parte di cittadini e imprese. Gli intermediari stanno contribuendo alla definizione delle regole tecniche e avranno un ruolo fondamentale nello sviluppo di servizi innovativi. Gli utenti partecipano alle attività per il design dell’euro digitale necessarie conseguire alcuni obiettivi chiave del progetto come quello dell’inclusione. Soltanto con una stretta collaborazione tra tutti riusciremo a sviluppare uno strumento di pagamento che ci permetta di mantenere il sistema dei pagamenti europeo sicuro, efficiente e inclusivo e promuovere l’autonomia strategica della nostra area monetaria”.