Al congresso straordinario il fondatore ha aperto il dibattito sul futuro del Carroccio e messo in guardia il segretario: al Sud Italia i voti "non glieli danno, perché quelli vogliono i soldi e non vogliono cambiare il Paese". La replica: "Dobbiamo guardare al di là della Padania". L'attacco del Senatùr è arrivata dopo che l'assemblea ha approvato alcune modifiche allo Statuto che ridimensionano i suoi poteri di presidente
Lo scontro è generazionale. Ma soprattutto politico. La vecchia Lega in canottiera e sempre pronta a imbracciare il fucile contro “Roma ladrona”, l’acqua del Po, il sogno dell’indipendenza della Padania da un lato. Dall’altro la nuova Lega: leghista al Nord, sudista al Sud, con l’ambizione di essere partito nazionale sul modello Le Pen in Francia. Un dibattito sul futuro della Lega Nord, impostato su una domanda fondamentale: il Carroccio deve o non deve avere una dimensione nazionale? Secondo Umberto Bossi la risposta è no. Il fondatore e attuale presidente del partito ha messo in chiaro la propria posizione durante il congresso leghista in corso a Milano, aprendo di fatto una spaccatura con l’attuale dirigenza, guidata dal segretario Matteo Salvini, che non fa mistero di ambire alla guida di un partito di centrodestra in grado di competere a livello nazionale con il Partito Democratico.
Il Senatùr si è presentato soltanto un’ora prima della conclusione dei lavori: “Sono venuto qui per vedere che partito sta venendo fuori”, ha detto conversando con i giornalisti. Ma non ha risparmiato alla dirigenza un durissimo affondo sulla Lega che sarà: “Se esce un partito nazionale, Salvini resta da solo a farlo”, ha detto il Senatùr a i giornalisti alla fine del congresso, cui ha spiegato che al Centro e al Sud Italia i voti “non glieli danno, perché quelli vogliono i soldi e non vogliono cambiare il Paese”, visto che “hanno sempre compartecipato con Roma nei banchetti con i soldi rubati al Nord”. Ed è proprio per questo motivo che “la Lega non può essere nazionale, finché ci sono io è nazional-padana; perché il nord è sempre contro quel che è italiano, contro il centralismo e il fascismo italiani”.
“Per adesso Salvini non mi piace”, sentenzia netto il fondatore, anima del partito per oltre un ventennio, e non gli piace neppure il simbolo del nuovo corso leghista, la ruspa, che sarà anche domenica sul prato di Pontida. Non è un buon simbolo? “Assolutamente no, i simboli buoni sono quelli che agganciano il passato, non si ha futuro se non si ha il passato e la Lega è nata per sconfiggere il Barbarossa, che si chiama Italia”. Per l’ex leader infine, anche le velleità di guidare il governo in alternativa al Pd di Matteo Renzi sono dubbie, convinto com’è che grazie all’Italicum “i grillini vinceranno le elezioni”.
“Io ho imparato tutto e devo tutto a chi mi ha preceduto – la risposta di Salvini, che ha parlato con i cronisti delle dichiarazioni di Bossi senza mai nominarlo – se c’è qualcosa di diverso rispetto al passato sono i voti e i voti contano in politica”. Ma oggi, è il punto centrale del discorso del segretario, serve “un progetto che guardi al di là della Padania, nostro dovere è aprirci al mondo non solo al Monviso che pure resta nel mio cuore”.
L’attacco del Senatùr è arrivata dopo che il congresso ha approvato all’unanimità alcune modifiche allo Statuto che trasformano il Movimento da Federale in Confederale. Tra le novità il ridimensionamento dei poteri disciplinari al presidente, in questo caso proprio Umberto Bossi, che peraltro è stato confermato presidente a vita e anche presidente del Comitato di disciplina e garanzia, ma con poteri limitati rispetto al passato: Bossi potrà reintegrare solo i leghisti fondatori eventualmente espulsi e non più tutti i militanti con almeno 20 anni di iscrizione come avveniva fino ad ora.
Una modifica che a Bossi non va giù, perché perché “questo espone i vecchi militanti al rischio di essere ricattati e bastonati“. “Glielo ho detto – ha risposto riferendosi alla dirigenza del suo partito – che mi mettete a fare il presidente se è privo di potere? Ma non ne faccio mai una questione personale: il problema è che ci sono militanti che hanno costruito la Lega e poi sono stati messi fuori da Tosi e da Maroni e ora non potranno più rientrare”. Bossi non ha voluto dire come si spieghi questa decisione assunta nella riforma dello Statuto federale, “avran paura” ha abbozzato scoppiando in una risata di fronte alle telecamere.