Intervista all'avvocato svizzero che dall'anno scorso guida l'Aif: "Abbiamo chiuso 4.600 conti della banca vaticana e ce ne sono ancora 126 bloccati, che saranno oggetto di una verifica approfondita". Per quanto riguarda le operazioni sospette "il sistema di prevenzione sta funzionando, per questo le segnalazioni sono calate"
René Brülhart è da novembre scorso il presidente dell’Aif, l’autorità vaticana che svolge il doppio ruolo di vigilanza e di antiriciclaggio, e di cui è stato fin dall’inizio prima consulente e quindi direttore. Avvocato svizzero, laico, poco più che quarantenne, prima di approdare a Roma guidava l’antiriciclaggio in Liechtenstein. In Vaticano ha contribuito a tracciare le linee della legge antiriciclaggio, sulla base della quale è stata svolta la prima indagine interna sui conti dello Ior: misure, spiega, che hanno consentito di fare grandi passi avanti sul piano della trasparenza. Quasi a dargli ragione, nei giorni scorsi il Procuratore capo di Trani ha affermato che proprio dallo Ior è arrivata la collaborazione “preziosa e decisiva” per l’inchiesta sul crac delle case di cura Divina Provvidenza. Un riconoscimento che Brülhart commenta così: “Non è la prima volta che collaboriamo con le autorità italiane. Quando sosteniamo che il nostro sistema di trasparenza finanziaria funziona, diciamo il vero”.
Che i magistrati ringrazino lo Ior per la collaborazione suona insolito: oggi l’Istituto è del tutto trasparente e non ha più segreti da nascondere? All’inizio del 2014 l’Aif ha svolto la prima ispezione in loco allo Ior, e non sono emerse criticità strutturali. Al tempo stesso, però, abbiamo assegnato alcune misure correttive, per condurre l’Istituto a una piena conformità al nuovo quadro regolamentare vaticano.
Quindi lo Ior resta un sorvegliato speciale?
Si tratta di un processo in corso, ma del tutto ordinario in qualsiasi regime di vigilanza.
Ma ci sono ancora conti di cui non si conosce il proprietario?
Il lavoro che abbiamo avviato nel 2013, con la revisione sistematica di tutti i conti dello Ior e degli utenti registrati, al fine di identificare eventuali lacune informative, ha portato alla chiusura di circa 4.600 posizioni. Oggi il programma di chiusura è stato ultimato, restano ancora bloccati solo gli ultimi 126 conti revisionati.
Cioè avete semplicemente chiuso 4.600 conti irregolari?
No, affatto: prima abbiamo ottenuto tutte le informazioni necessarie a ricostruirne l’origine, e solo in seguito li abbiamo chiusi. Per quelli che ci sono sembrati più problematici, abbiamo inviato le informazioni,quando ve ne erano i presupposti, all’Uif, l’unità antiriciclaggio italiana, o a eventuali Uif di altri Paesi.
E dei 126 conti ancora bloccati che ne farete?
Saranno oggetto di una verifica approfondita per ricostruire tutti i dati relativi ai titolari e alloro scopo e concreto utilizzo.
Può dirmi di che somme complessivamente stiamo parlando, e cosa ne sarà dei fondi bloccati?
Non sono informazioni che divulghiamo, trattandosi di un’attività in corso.
Si dice che i fondi “imbarazzanti’’ dello Ior siano già da tempo scappati, per lo più verso banche tedesche: vero, falso?
Preferirei parlare dei fatti. Dall’introduzione della normative antiriciclaggio, le istituzioni vigilate sono obbligate a inviare una segnalazione di attività sospetta all’Aif. Questo sistema funziona oramai da due anni, e non abbiamo indicatori che in tale periodo ci siano stati tentativi di movimentazione di grandi somme verso la Germania.
L’Aif ha anche un potere sanzionatorio che sulla carta sembra molto serio: multe pesanti, interdizioni. Ne avete già comminate di queste sanzioni?No. Ma certamente il regime sanzionatorio rende effettivo il sistema, avendo un forte ruolo dissuasivo delle condotte potenzialmente illecite.
La legge antiriciclaggio prende forza operativa con Papa Bergoglio, nel 2013. Ma già Ratzinger aveva cercato di fare qualcosa di simile, tre anni prima. Come mai quel tentativo si era interrotto?
Nel 2010 sono state poste le premesse per la costituzione di un sistema volto a combattere gli illeciti finanziari. Quindi, gli sviluppi degli ultimi anni non rappresentano una interruzione del primo tentativo, ma piuttosto l’introduzione di misure necessarie per porre in essere un sistema funzionante e sostenibile, quale la vigilanza prudenziale. Un processo culminato nel Motu Proprio di Papa Francesco del novembre 2013 e nell’introduzione della legge n. XVIII. Con le modifiche del quadro normativo e istituzionale, oggi in Vaticano è operativo un sistema di vigilanza veramente efficace, che abbiamo costruito passo dopo passo, pietra su pietra. I fatti parlano da soli.
Che rapporti avete con la Uif di Bankitalia, il nostro antiriciclaggio? Collaborativi, o ci sono ancora diffidenze reciproche?
Con l’Uif abbiamo firmato un protocollo d’intesa nel 2013, che è oggi pienamente operativo. La collaborazione è molto costruttiva e basata sulla fiducia reciproca. Del resto, negli ultimi due anni abbiamo incrementato la cooperazione internazionale, firmando protocolli con altri 20 paesi, e lo scambio di informazioni con autorità estere è aumentato in maniera esponenziale: dai quattro casi nel 2012 siamo passati ai 113 dello scorso anno.
Nel secondo rapporto sulla vostra attività, relativo al 2014, le segnalazioni di operazioni sospette sono scese dalle 202 del 2013 a 147, circa 50 in meno. È una buona o una cattiva notizia?
È una buona notizia: un numero maggiore di segnalazioni non significa che vi sono maggiori attività finanziare illecite, ma conferma che il sistema di prevenzione del riciclaggio funziona. Nel 2011 avevamo avuto una sola segnalazione, per poi passare a 6 nel 2012, a 202 nel 2013 e a 147 nel 2014. Il 2013 e 2014 sono stati gli anni in cui è entrata in funzione la legge n. XVIII, con quasi 350 segnalazioni di operazioni sospette complessivamente. Chiaramente, questo ha avuto un impatto diretto sul numero delle segnalazioni. Oggi, questa fase si è conclusa.
Sta di fatto che le segnalazioni sospette in Italia aumentano, le vostre calano. Può significare che noi siamo più efficienti, o al contrario che abbiamo maggiori problemi di illegalità?
Il Vaticano non è una piazza finanziaria. Diversamente dall’Italia o da altri Stati, non vi sono banche commerciali, compagnie di assicurazione, società di gestione di portafogli, ecc. Il volume delle segnalazioni è legato al tipo di attività e ai servizi offerti. Nel Vaticano, entrambi sono limitati quanto alla tipologia e alla clientela di riferimento. Inoltre, non è di per sé la quantità, ma la qualità delle segnalazioni sospette a indicare se il sistema funziona.
Nel vostro Rapporto si legge anche che nel 2014 sono entrati in Vaticano 11 milioni circa in contanti, e ne sono usciti 22, il doppio: che significa esattamente questa movimentazione cash?
Rispetto allo scorso anno, l’utilizzo di denaro contante è diminuito notevolmente. Tuttavia, la Santa Sede in quanto istituzione globale deve tenere contro di un certo numero di transazioni in contante. È importante a tale proposito collocare queste transazioni nel corretto contesto. In altre parole, il criterio chiave è che l’istituzione finanziaria interessata sia in grado di ricostruire l’origine e la destinazione ultime delle somme. La legge n. XVIII ha come ultimo proposito quello di garantire la piena trasparenza di tali tipi di transazioni, per proteggere in definitiva la Santa Sede.
L’Italia ad aprile ha firmato un accordo che applica anche al Vaticano le norme sul rientro dei capitali. Crede che emergeranno altri capitali neri dalle Mura Leonine?
L’accordo con l’Italia, in attesa di ratifica da parte di quest’ultima, prevede un chiaro processo per il rientro dei capitali. Ma solo in futuro sapremo se l’applicazione di questo accordo si renderà necessaria, e in quale misura.
È complicato per un laico lavorare in Vaticano? È un’istituzione millenaria, non deve essere facile introdurvi cambiamenti, e anche su di lei, sul suo ruolo, non sono mancate le polemiche.
Da laico, nel Vaticano mi sento perfettamente a mio agio.