Per ora il fascicolo, aperto dalla Procura di Roma, non conta indagati né ipotesi di reato. Secondo il denunciante ci sono stati molti casi di “alterazione, mistificazione e manipolazione dei dati relativi alla qualità del servizio postale universale”
Il fascicolo aperto dalla procura guidata da Giuseppe Pignatone, per il momento, non conta indagati né ipotesi di reato ma la denuncia su Poste Italiane è pesantissima. A firmarla è un ex dipendente, una fonte che ha conservato migliaia di email interne all’azienda, che il Fatto ha pubblicato in un’inchiesta a puntate nelle scorse settimane. Dopo di essa, l’ex dipendente ha denunciato alla procura di Roma numerosi casi di “alterazione, mistificazione e manipolazione dei dati relativi alla qualità del servizio postale universale”. Poste – secondo il suo accusatore – agiva con il seguente obiettivo: “Impossessarsi fraudolentemente dei fondi stanziati dallo Stato italiano e dalla Comunità europea” per “l’espletamento del servizio postale universale”.
Il denunciante – che formula accuse che spaziano dall’associazione per delinquere alla violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (sono stati stanziati circa 2,1 mld di euro tra il 2005 e il 2010) – aggiunge che alcuni funzionari di Poste “hanno intercettato illegalmente corrispondenza, a volte sopprimendola, schedando illecitamente e senza autorizzazione cittadini italiani e attuando, per molti di essi, il controllo domiciliare”.
Al centro della vicenda il servizio di monitoraggio della Izi spa che recluta tra i 400 e i 600 collaboratori – droppers e receivers – per testare, per conto dello Stato, gli standard di qualità di Poste Italiane. Questo sistema dovrebbe garantire che i tempi di spedizione e recapito rispettino gli standard previsti dal contratto di servizio universale tra lo Stato e le Poste, pena una sanzione che varia dai 50mila ai 500mila euro l’anno. L’accusatore sostiene che i dati della qualità del servizio postale siano stati falsati e manomessi attraverso un “sistema dedicato” – per ora tutto da provare e che toccherà alla procura romana dimostrare, ndr – che “nel tempo ha fatto sì che Poste Italiane impropriamente percepisse sovvenzioni statali”. Un sistema – aggiunge l’ex dipendente – che “non poteva essere messo in atto senza l’avallo di tutta la struttura di comando e l’apporto della società certificatrice”. Un attacco anche a Izi Spa, dunque, che ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, al pari di Poste Italiane, che viene accusata nel periodo della gestione targata Sarmi.
L’esposto enuncia le “sette regole” implementate, secondo l’accusatore, da Poste Italiane. Eccole: “Periodicamente la funzione qualità centrale di Poste allerta il territorio con la notizia che la Izi Spa ha impostato il materiale diretto ai droppers (bustoni). Poi si passa a “intercettare i plichi e l’apertura degli stessi, per individuare nome, cognome e indirizzo dei droppers, nonché l’appropriazione del contenuto delle lettere test, calendario delle spedizioni, istruzioni per la rilevazione, questionari e schede di rilevazione”. Quindi si passa a “una vera e propria schedatura – cognome, nome, indirizzo completo – dei droppers/reciver che operano per conto della Izi”. A questo punto gli “schedati” vengono controllati mentre spediscono e ricevono dalle cassette postali. Nel 2007 – si legge – nasce una “procedura riservata” e una “struttura con lo specifico compito di curare la consegna delle sole lettere test nei tempi previsti dai contratti”.
Ecco le istruzioni: “Individuazione della lettera test dalla buca d’impostazione; le lettere test raccolte devono essere fotocopiate e avviate con la prima corsa utile al Centro di meccanizzazione postale (Cmp) con una busta apposita e ben individuabile diretta al Capo Turno” che le ritira “dietro firma liberatoria” e “vengono registrate su un apposito brogliaccio”. Così nasce una sorta di “corsia preferenziale”: “Vengono rallentate le linee di smistamento per permettere, all’operatore incaricato dal Capo Turno, di provvedere alla timbratura sull’involucro delle lettere test; le lettere test, sempre in busta dedicata, vengono inviate dal Cmp ai vari uffici di recapito con la prima corsa utile, dopo la registrazione sul brogliaccio di scambio e rilascio di firma per ricevuta dell’autista; chi riceve la busta provvede immediatamente alla consegna dedicata”. Quindi avviene la “verifica e la certificazione dell’avvenuto recapito delle lettere test”. “La fase di recapito si conclude, all’occorrenza, con un vero e proprio controllo domiciliare”. “La corrispondenza ritenuta ‘irreversibilmente’ già ‘fuori standard’ veniva e viene intercettata e distrutta, compresa la corrispondenza (privata non test) erroneamente intercettata ed aperta”. La pratica, scrive l’ex funzionario di Poste, sarebbe ancora in atto: “Si elencano i nominativi dei droppers e recivers che tutt’oggi risultano in piena operatività”. E all’esposto allega i nomi di ben 133 funzionari coinvolti – per sole tre regioni – nelle operazioni descritte. Più altri 63 nominativi “probabilmente informati sui fatti”.