Calcio

Parma calcio è fallito. Nessuna offerta d’acquisto, riparte dalla Serie D

Il debito sportivo pari a 22,6 milioni di euro ha scoraggiato i possibili acquirenti: sia la cordata che faceva riferimento a Corrado che quella dell'americano Mike Piazza si sono ritirate. Ora il club, con oltre 100 anni di storia alle spalle, dovrà ricominciare dai Dilettanti

L’operazione di salvataggio del Parma Fc finisce con un buco nell’acqua e per la società ducale il sogno di rimanere nelle serie professionistiche termina bruscamente e si apre lo scenario più terribile della retrocessione in D. Dopo tre mesi vissuti attaccato a un filo, nessun cavaliere bianco ha bussato alla porta del club sprofondato dai debiti della vecchia gestione dell’ex presidente Tommaso Ghirardi e dell’ad Pietro Leonardi e dichiarato fallito lo scorso 19 marzo. Le due cordate interessate all’acquisizione, quella del manager Giuseppe Corrado e del figlio Giovanni, e quella dell’ex campione americano di baseball Mike Piazza, si sono ritirate a poche ore dalla scadenza della presentazione delle offerte dopo la trattativa privata portata avanti nell’ultima settimana con i curatori fallimentari e il benestare del Tribunale.

La speranza era di rimanere con la squadra in B, di riuscire a mantenere il titolo sportivo, di salvare l’azienda e i dipendenti, e anche la rosa del settore giovanile, quello che ha sempre continuato a vincere nonostante la crisi. Ma alla fine ogni tentativo è tramontato. Colpa del debito sportivo, sfoltito ma ancora troppo alto, pari a oltre 22,6 milioni messi nero su bianco dal giudice delegato pochi giorni fa, ma soprattutto delle incertezze su futuri contenziosi, sugli impegni contrattuali ancora in essere per i prossimi anni con molti degli oltre 200 tesserati, e ancora delle poche garanzie di Lega e Figc, che tanto si erano spese nella crisi del Parma Fc, quando ancora, oltre alla squadra e ai dipendenti, c’era soprattutto un campionato da salvare.

Fatto sta che il 22 giugno, al termine fissato per presentare le offerte, nessuna nuova proprietà si è voluta far carico del destino del Parma Calcio, che così ha perso ogni possibilità di rimanere in serie B. Il primo a fare un passo indietro la sera del 21 giugno è stato il gruppo di Corrado, che aveva messo in piedi la Spa Magico Parma per acquisire il club, che ha dichiarato “impraticabile ogni percorso economico” proprio a causa dell’investimento troppo rischioso. Neanche dodici ore dopo è stata la volta di Piazza con la sua società Nuovo Parma Calcio Srl: “Con grande tristezza e rammarico devo comunicare l’abbandono della trattativa per l’acquisizione del Parma Fc – ha annunciato – Comprendo e condivido l’amarezza dei tifosi del Parma per questa decisione. Assieme ai co-investitori nel progetto non abbiamo ritenuto sostenibili gli investimenti necessari per coprire le passività attuali e future di una squadra il cui avviamento è stato fortemente pregiudicato”. Si cancella così la storia centenaria del club emiliano che in questi anni ha collezionato trionfi e scalato classifiche fino all’Europa, scampando miracolosamente al crac Parmalat del 2003, ma si chiude anche l’anno nero del calcio ducale cominciato a maggio 2014 con l’addio di Ghirardi e il sogno sfumato dell’Europa League.

Era la prima avvisaglia di quello che sarebbe successo di lì a pochi mesi, con il ritorno del presidente seguito da un nuovo abbandono e improbabili cessioni della società prima alla cordata russo-cipriota di Rezart Taci e poi all’imprenditore di Limbiate Giampietro Manenti, arrestato alla vigilia del fallimento del club per tentato reimpiego di capitali di provenienza illecita. In mezzo, i debiti di oltre 218 milioni di euro lasciati dalla vecchia dirigenza, l’indagine per bancarotta fraudolenta che vede coinvolti tra gli altri Ghirardi e Leonardi, le ispezioni della Guardia di Finanza nel centro sportivo di Collecchio, negli uffici dello stadio Tardini e nelle sedi delle istituzioni calcistiche nazionali, le denunce per truffa e le ingiunzioni di pagamento. Senza dimenticare gli stipendi non pagati per mesi a dipendenti e calciatori, che hanno comunque continuato fino alla fine a fare il loro lavoro e a sperare di poter continuare a far parte del club.

Le speranze però si sono infrante il 22 giugno, tre mesi dopo il fallimento e il lavoro dei curatori fallimentari Alberto Guiotto e Angelo Anedda, che sono riusciti a tagliare il debito sportivo da 79 a 22,6 milioni di euro e a trattare con i creditori per rendere più appetibile il “pacchetto Parma”. In questi mesi sono state sei le aste andate deserte per la vendita della società a un prezzo base di 20 milioni di euro ribassato fino a 4,5. Tutti tentativi che però non sono valsi a nulla, fino alle trattative private con i due offerenti, entrambi con solide coperture finanziarie alle spalle, che però poco prima di firmare hanno valutato l’operazione Parma Calcio troppo rischiosa e dispendiosa per un club già retrocesso in serie B. E che ora, dopo questa ultima negoziazione andata a vuoto, dalla massima serie dovrà ricominciare tutto daccapo nei Dilettanti.