Così il suo nome è stato posto accanto a quelli di George Bush, Helmut Schmidt, Helmut Kohl. Una bella soddisfazione. In una conversazione con Paolo Valentino, lo statista italiano riconosce pudicamente che Hentry Kissinger è l’amico non di una vita, ma della seconda parte della sua vita.
Sgombriamo il terreno dai facili equivoci. Il passato di Napolitano come comunista doc, amendoliano e quindi rigidamente filosovietico non ci sembra argomento attuale per censurare il suo approdo filo occidentale.
Non è in discussione la qualità e la coerenza della biografia di Napolitano. Sotto questo aspetto gli accademici di Berlino hanno segnalato un politico e statista di prim’ordine che ha attraversato la storia della repubblica sempre con un ruolo di tessitore come pochi altri hanno saputo svolgere. Il suo stile di dirigente politico, di presidente della Camera, e infine di presidente della Repubblica ha lasciato tutti ammirati, anche quei pochi avversari a viso aperto che avrebbero preferito più determinazione. Tanto che si è disegnato ironicamente il suo stemma come un coniglio bianco in campo bianco.
Solo questione di prudenza? Di cattiva coscienza che l’ha portato ad assumere nella seconda parte della sua vita posizioni politiche che sembravano rivolte a far dimenticare il passato? Educazione caratteriale (forse assorbita nel Pci di Togliatti) che rimanda all’arte della “dissimulazione onesta” come la definiva il trattatista Torquato Accetto?
Forse un po’ di tutto questo tenuto insieme da una profonda cultura e dalle buone maniere.
Forse, più semplicemente Napolitano crede nella storia e riserva al politico il compito di giustificarla. E’ l’eredità dello storicismo napoletano che nel paese della doppia verità può diventare uno stile di pensiero.
Diverso è lo stile di Kissinger che, in bene o in male, la storia l’ha cambiata.