Chiusa l'inchiesta sul trasferimento illecito di 4,5 miliardi di euro dall’Italia alla Cina. I soldi sarebbero poi stati usati per acquistare merci a basso costo da rivendere nella Penisola. L'istituto è ritenuto responsabile di illecito amministrativo per non aver segnalato le operazioni sospette. Secondo l'agenzia Ap, Pechino non ha cooperato con gli investigatori italiani
Rinvio a giudizio per 297 persone e per la stessa Bank of China, ritenuta responsabile di illecito amministrativo per non aver segnalato le operazioni sospette. E’ la richiesta del pm di Firenze Giulio Monferini, che ha chiuso l’inchiesta per riciclaggio per il trasferimento illecito di 4,5 miliardi di euro dall’Italia alla Cina con al centro la banca statale cinese. Tra i reati contestati ai quasi 300 indagati, compresi direttore generale, vicedirettore, responsabile ufficio rischi e ufficio audit dell’istituto, gli imprenditori italiani titolari di una società bolognese di money transfer e i loro agenti, ci sono l’associazione per delinquere, il riciclaggio, l’evasione fiscale e il trasferimento fraudolento di valori all’estero. Per 24 persone c’è anche l’aggravante mafiosa, perché secondo gli inquirenti hanno utilizzato tecniche di intimidazione ed erano legati da un “vincolo omertoso“.
Secondo le indagini centinaia i soldi depositati nelle agenzie di money transfer erano il provento di altri reati come contraffazione, contrabbando, furto, appropriazione indebita e reati doganali. Denaro con mittenti a volte fittizi, talvolta irreperibili in Italia, e destinatari sconosciuti con la Cina. I negozi della società bolognese li raccoglievano tramite milioni di micro-operazioni di importo basso, sotto la soglia ammessa per legge. Poi Bank of China, facendo da collettore, li trasferiva nella Repubblica popolare, dove il denaro veniva usato per acquistare merci a basso costo da importare e rivendere in Italia. Il maxi-riciclaggio, è la tesi degli inquirenti, ha rafforzato la capacità economica delle organizzazioni mafiose cinesi di Prato e Firenze dedite all’immigrazione clandestina dal loro Paese. Inoltre la Guardia di finanza ha rilevato un’evasione fiscale da 45 milioni di euro e sequestrato immobili ad alcuni degli indagati per un valore totale di 5,5 milioni.
L’agenzia Associated Press, che per prima ha dato notizia dell’indagine, scrive che Pechino non ha cooperato con gli investigatori. Anzi, il quotidiano di Stato Global Times ha pubblicato un articolo che difende Bank of China citando un esperto di diritto secondo cui l’istituto non ha “l’obbligo di cooperare con la polizia italiana”.