Ogni giorno, 20mila ragazze sotto i 18 anni diventano madri nei Paesi dei sud del mondo. Le giovani sotto i 15 anni che partoriscono ogni anno sono 2 milioni su un totale di 7,3 milioni madri adolescenti; se le tendenze attuali proseguiranno, il numero di nascite da ragazze sotto i 15 anni potrebbe salire a 3 milioni l’anno nel 2030. Questo avviene all’interno dei cosiddetti matrimoni forzati e/o precoci. Queste giovani e giovanissime sono quelle che ormai chiamiamo spose e madri bambine, un fenomeno che negli ultimi tempi riguarda anche il nostro paese.
Ma prima di tutto cosa sono i matrimoni forzati e precoci?
Il Matrimonio forzato, nell’accezione che ne dà la Forced Marriage Unit, è “un matrimonio in cui uno o entrambi gli sposi non consentono al matrimonio e viene esercitata una costrizione. La costrizione può includere la pressione fisica, psicologica, finanziaria, sessuale ed emotiva”. Tale definizione include i matrimoni combinati quando non c’è il consenso di una delle parti. I matrimoni precoci sono strettamente correlati ai matrimoni forzati poiché la maggior parte delle volte le minori non sono in grado di decidere e sono spesso vittime di coercizione, soprattutto quando parliamo di bambine sotto i 15 anni.
Per quanto riguarda l’Italia al momento abbiamo a nostra disposizione solo delle stime e non dati certi. Si parla di 2 mila ragazze, nate nel nostro Paese, costrette a sposarsi negli Stati di origine.
Tra le comunità presenti in Italia esposte al rischio di matrimonio forzato e/o precoce troviamo ai primi posti quelle provenienti dai paesi del sud est asiatico e alcuni paesi africani che hanno tuttavia una limitata presenza di donne sul territorio. La diversa provenienza delle varie comunità a livello regionale richiede approfondimenti locali, anche perché nel complesso nazionale il peso di queste comunità non è alto, ma si concentra in alcune specifiche regioni o aree. Il Marocco e l’Albania, presenti nella lista dei paesi a rischio, rappresentano le comunità più numerose nel nostro paese, si tratta di gruppi in cui le donne da una parte e le seconde generazioni dall’altra sono una componente importante.
Da indagini e studi a livello nazionale o subnazionale emerge come il fenomeno vari tra regioni o Stati dell’Unione Europea. In alcuni di questi il tema appare consistente, mentre in altri è meno visibile – se non del tutto assente – nel dibattito pubblico.
Se nella legislazione statale italiana non ci sono riferimenti specifici al matrimonio forzato, è tuttavia possibile ricorrere agli strumenti giuridici predisposti con valenza più generale. Oggi la Convenzione di Istanbul è uno degli strumenti legislativi più rilevanti contro la violenza a livello europeo.
Resta il fatto che in ogni regione del mondo, le giovani povere, non scolarizzate e provenienti da zone rurali hanno maggiori probabilità di contrarre un matrimonio precoce e intraprendere una gravidanza in giovanissima età, rispetto alle coetanee più ricche, delle zone urbane e più istruite. Quelle appartenenti a minoranze etniche, gruppi emarginati e con limitato accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva corrono un rischio maggiore. Se il fenomeno in Italia e in Europa arriva attraverso i flussi migratori la questione culturale, che certamente richiede un dialogo che si faccia interculturale, non è la sola. Il fenomeno si inserisce infatti all’interno della trasversale questione di genere e di violenza nei confronti delle donne.
E’ quindi un problema di mancato riconoscimento dei diritti delle donne e delle ragazze, e questa è infatti la prospettiva adottata dalle Nazioni Unite, dalle Ong ma anche dal nostro paese. L’indagine svolta da Le Onde Onlus, per conto del Dipartimento delle Pari Opportunità, considera forzato un matrimonio quando viene violata la libertà delle donne, con la consapevolezza che il concetto di libertà, come quello di consenso, implica il riferimento alla soggettività e al modo in cui ogni donna la percepisce a partire da sé.
Il fenomeno, ampiamente affrontato da UNFPA nel rapporto annuale del 2013 “Madri bambine”, vede come prima conseguenza dei matrimoni forzati e/o precoci l’impatto sulla salute: le gravidanze delle adolescenti sono la conseguenza più immediata e visibile. Attualmente le/gli adolescenti costituiscono circa il 18 per cento della popolazione mondiale. Di questi, l’88 per cento vive nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo (Pvs) e ben il 95 per cento delle nascite adolescenziali si verificano in queste aree e nove su dieci nell’ambito del matrimonio.
Per inquadrare in modo completo il fenomeno, partendo da una prospettiva globale che analizzi dati e leggi nei paesi del sud del mondo, passando per l’Europa e arrivando all’Italia, abbiamo organizzato una Conferenza aperta al pubblico “Spose bambine come fenomeno globale” che si svolgerà il 23 giugno alla Camera dei deputati, insieme al Gruppo di lavoro parlamentare “Salute globale e diritti delle donne”.
Analizzeremo i matrimoni precoci e /o forzati ma soprattutto ricorderemo come al centro debbano esserci i diritti delle ragazze e le loro richieste, come già esplicitato in un altro documento che AIDOS ha tradotto e lanciato In Italia, la Girl Declaration. In questa carta sono oltre 500 le ragazze provenienti da tutto il mondo che hanno dichiarato di volere la possibilità di studiare, essere libere dalla violenza, avere accesso alla salute sessuale e riproduttiva, un lavoro e il diritto di cittadinanza.