Il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione, coinvolto nell’inchiesta sul Cara di Mineo, è salvo. Ma nel Partito democratico si amplificano le divisioni tra maggioranza renziana e le correnti di minoranza. Perché se l’Aula di Montecitorio, grazie al voto decisivo dei deputati del Pd, ha respinto tutte le mozioni di sfiducia-censura nei confronti dell’esponente del governo, non sono mancate polemiche all’interno del partito del premier.
La seduta è stata infatti preceduta da una riunione del gruppo dem della Camera, durante la quale il presidente Ettore Rosato, dopo aver chiarito la posizione del partito, ha chiesto ai presenti di votare contro tutte le mozioni (presentate da M5S, Sel e Lega Nord). E’ a questo punto che il bersaniano Alfredo D’Attorre (nella foto con Pippo Civati) ha preso la parola dichiarandosi contrario all’indicazione del capogruppo e annunciando che non avrebbe votato contro le richieste di dimissioni di Castiglione. «Penso che sia stato un errore arrivare a questo punto e mettere la Camera e, in particolare, il gruppo del Pd nelle condizioni di dover votare contro la richiesta di dimissioni di Castiglione – conferma l’esponente della minoranza dem a ilfattoquotidiano.it –. Sarebbe stata necessaria un’iniziativa politica per giungere ad un passo indietro di Castiglione sulla base di un elementare principio di opportunità politica». Insomma, sulla questione morale, ancora una volta, emergono due visioni contrapposte all’interno del Partito democratico. «Qui non c’entra nulla il garantismo e la presunzione di innocenza che naturalmente, a norma di costituzione, valgono per tutti i cittadini – aggiunge D’Attorre –. Invece, un politico e un membro del governo, nel momento in cui è sottoposto ad indagini e ad addebiti così gravi è chiamato a fare un doveroso passo indietro in attesa di un chiarimento sul piano giudiziario. Personalmente penso che sia un errore per il Pd attestarsi su una posizione diversa».
Come D’Attorre, anche altri esponenti della minoranza interna non hanno preso parte al voto. Senza conseguenze, visto l’esito della seduta. Ma di certo si tratta di un ulteriore motivo di frizione all’interno del Pd alla vigilia dell’esame di due provvedimenti importanti come la riforma della scuola e quella della Costituzione. Con quali effetti sui traballanti equilibri della maggioranza è difficile da prevedere.
Twitter: @Antonio_Pitoni