Confindustria chiede di limitare l’accesso al nuovo strumento normativo a un numero definito di interlocutori, escludendo comitati spontanei di cittadini o aziende. La confederazione delle pmi: "Se prevarranno logiche di parte l’Italia farà un passo indietro"
Che fine ha fatto la bozza di legge sulla class action, il nuovo strumento normativo studiato per difendere gli interessi di cittadini e piccole imprese dai danni provocati da enti, aziende e amministrazioni? Dopo aver passato indenne l’esame della Camera, il documento proposto dal parlamentare 5Stelle Alfonso Bonafede doveva rapidamente approdare in Senato per diventare finalmente legge. E, invece, qualcosa si è inceppato: i tempi per la nuova norma si sono inaspettatamente allungati con il governo che ha anche preso le distanze dall’iniziativa legislativa.
Il dietrofront dell’esecutivo è stato ufficializzato dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Elena Boschi. All’ultima assemblea dei giovani industriali, la Boschi ha annunciato che sulla legge ci sono “più punti da rivedere al Senato”. Le parole del ministro sono suonate come musica per le orecchie dei grandi industriali i quali temono che l’attuale testo per loro possa trasformarsi in un boomerang facendo esplodere i contenziosi e complicando la vita ai grandi capitani d’impresa. La bozza di legge sulla class action allarga infatti di molto la platea dei potenziali ricorrenti finora limitata ai soli consumatori: il documento in discussione, in particolare, prevede che l’azione collettiva possa essere utilizzata da tutti i cittadini ma anche delle imprese. Persino quelle di piccole dimensioni che, vedendo lesi i propri interessi, potranno farsi valere in tribunale anche “nei confronti dell’amministrazione pubblica e delle grandi industrie” come spiega la Confapi, associazione che riunisce le pmi italiane.
L’idea di un’azione di classe “allargata” non va affatto a genio a Confindustria che vorrebbe invece limitarne l’accesso ad un numero definito e selezionato di interlocutori come magari le associazioni dei consumatori o delle imprese. “Questa soluzione rende più complesso l’uso della class action– spiega Lucio Golino, avvocato dell’Adusbef – Inoltre di fatto riduce la potenziale platea di interlocutori che dovranno passare solo per i soggetti abilitati a portare avanti l’azione collettiva”. Per non parlare del fatto che escluderebbe a priori i comitati spontanei di cittadini o di imprese.
“La grande industria sta conducendo pressioni per modificare profondamente il testo del disegno di legge, annullando una serie di passaggi che attutirebbero molto l’efficacia delle future class action”, ha denunciato il presidente Maurizio Casasco. “Quanto si sta compiendo in Parlamento circa il disegno di legge sulla class action va contro le piccole e medie imprese oltre che i consumatori. Se prevarranno logiche di parte, dettate fra l’altro dagli interessi della grande industria, l’Italia farà un passo indietro”. Il rischio insomma è che per accontentare le istanze confindustriali l’esecutivo finisca con lo snaturare una legge attesa da tempo dai cittadini. Un progetto che, voluto fortemente dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e licenziato con il supporto di due renziani di ferro come i deputati David Ermini e Walter Verini, è diventato ora solo fonte di imbarazzo per palazzo Chigi.