Quando la Porsche dichiarò le sue prestazioni per la prima volta, più di uno rise sotto i baffi. Poi arrivò il tempo sul giro al Nürburgring (6 minuti e 57 secondi) e tutti tornarono seri. Questa è la 918 Spyder, un esercizio tecnico di eccellenza che ha permesso ai tedeschi di Zuffenhausen di accumulare esperienza e vincere Le Mans con un prototipo ibrido – la 919 Hybrid – usurpando il regno dei cugini dell’Audi che durava dal 2000 ed era stato interrotto solo due volte. Nei giorni scorsi, dopo 21 mesi di produzione, è stata assemblata a Zuffenhausen l’ultima 918 Spyder, cioè l’esemplare numero 918. Era previsto fin dall’inizio, cioè dall’estate 2010, quando il Consiglio di Amministrazione diede il via libera allo sviluppo di una versione di serie del concept mostrato pochi mesi prima al Salone di Ginevra.
La versione definitiva arrivò tre anni dopo, al Salone di Francoforte 2013, spinta da un motore termico ad alte prestazioni e da due motori elettrici, a listino all’incredibile prezzo di 794 mila euro (868 mila la versione alleggerita con pacchetto Weissach). Ha cinque modalità di funzionamento, da quella “zero emission” – 29 km solo elettrici – alla “hot lap” – massima potenza per un periodo limitato di tempo – ma la cosa più sconvolgente e che agli 887 CV di potenza massima corrisponde un consumo omologato nel ciclo Nedc di tre litri per cento chilometri. Così volge al termine la carriera di una delle Cavalline di Stoccarda più incredibili di sempre, degna erede di modelli mitici come la 959, la 911 GTI e, più recentemente, la Carrera GT. I suoi contenuti tecnici arriveranno man mano sulle Porsche di serie, come già accaduto nel caso dell’aerodinamica attiva e dell’asse posteriore sterzante, usate sulla 911 Turbo e sulla 911 GT3 RS.